Quando Iris Apfel era una giovane donna proveniente dal Queens di New York, che ha cominciato a lavorare nel settore della moda, Frieda Loehmann, fondatrice dei celebri grandi magazzini, la prese in disparte e le disse: «Tu non sei carina e non sarai mai carina, ma non importa. Hai qualcosa di molto meglio. Hai stile».
Aveva visto giusto la Loehmann. Nata il 29 agosto del 1921 da padre americano e madre russa, la Apfel ha una spiccata predilezione per tutto ciò che non è convenzionale, che è esotico e unico. Che sia un quadro, un abito, un braccialetto, una collana o un pensiero. Per lei, vestirsi è un atto creativo. «Un po’ come suonare il jazz», ha detto. Esperta d’arte e interior designer, business woman e fashion icon, per lei le zone ancora inesplorate del mondo sono come un “diario di bordo” da riempire, per cogliere sempre nuove ispirazioni per i suoi armadi. Un continuo safari sartoriale, visto attraverso i suoi tondi ed eccentrici occhiali neri, e pare che sembri, per la maggior parte del tempo, un divertimento selvaggio.
Il suo punto di vista originale, mai allineato alle mode del momento, è ciò che la rende davvero iconica, assieme al suo sempre impeccabile rossetto rosso. Il suo continuo mix di pezzi di haute couture a capi trovati nei mercatini delle pulci, la rende una vera geriatric star, come lei stessa ama definirsi. Segno distintivo: i maxi gioielli di fattura etnica, che acquista e crea, sfacciatamente ingombranti, per la sua corporatura così esile e minuta.
Iris divenne it girl già all’età di diciotto anni, ma solo nel 2005, grazie a una sua esposizione al Costume Institute, ha raggiunto la fama e la popolarità attuale. Anni prima, comunque, aveva un discreto seguito tra gli arbitri del buon gusto. Dopo il suo matrimonio con Carl, la coppia ha fondato Old World Weavers, una società di interior design che ha ristrutturato, tra le altre cose, nientemeno che la Casa Bianca, sotto i presidenti da Truman a Clinton. Per procurarsi l’arte unica e i tessuti pregiati per i quali sono diventati famosi, la coppia ha viaggiato a lungo. Dove le altre icone di stile sono state spesso e volentieri impositive e arcaiche, la Apfel trova la bellezza nell’individualità e in tutto ciò che è anticonvenzionale. A detta sua la moda non serve per compiacere le persone intorno a noi, ma per compiacere sé stessi: «Meglio essere felici che essere ben vestiti».
Una figura che suscita curiosità a prima vista e che viene celebrata con un documentario uscito già in America il 29 aprile scorso. Si intitola semplicemente Iris ed è stato diretto da Albert Maysles, documentarista scomparso lo scorso 5 marzo all’età di 88 anni, celebre per il docufilm Grey Gardens, sulla vita, tra isolamento e povertà, delle ex ricche socialite Edith Ewing Bouvier Beale e Edith Bouvier Beale, madre e figlia, rispettivamente zia e cugina di Jacqueline Kennedy. In questo omaggio a Iris Apfel, Albert Maysles ne ripercorre la vita e l’influenza che ha avuto nel mondo della moda.
Uno dei temi del documentario è la sua intolleranza nei confronti della banalità della moda, e di tutti coloro che cercano di essere uguali. Un grande segmento del film documenta la tattica dello shopping di Iris, che è veramente educativa. La Apfel infatti, mette grande sforzo nella ricerca di ogni elemento. La si vede ovunque, da un negozio di abbigliamento africano ad Harlem a un negozio vintage Palm Beach, fino ad un raduno di scambio. E lei è una che sa davvero contrattare. Ciò è anche evidente nell’abbellimento dei propri manichini, con quella bigiotteria stratificata dalle forme e i colori contrastanti: «Il colore può resuscitare i morti!», afferma.
Una lezione di vita circa l’importanza della sperimentazione con stile, dell’essere e rimanere se stessi, vivere felici e alimentare ogni giorno la curiosità. Quest’ultima e il senso dell’umorismo,a detta di Iris, sono le qualità fondamentali della vita.
Chiara Grasso
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