La vita è piena di momenti di transizione. Se quando si è molto giovani questi si vivono con spensieratezza e quasi senza rendersene conto, col passare degli anni ogni grande cambiamento è spesso preceduto da un momento di contemplazione o meglio di autocontemplazione, durante il quale ci si ferma si srotola quello che è stato il film della nostra vita e si prova a fare un bilancio. Si osserva tutto come a voler rallentare il tempo che scorre inevitabilmente in avanti, si prova a giustificare, valutare, rendere conto, salvo poi realizzare che comunque siano andate le cose, è cosi che dovevano andare e non sarebbe potuto essere diversamente.
A sud del confine a ovest del sole è quel momento lì. Il protagonista Hajime è un ragazzo come tanti altri, un figlio unico nel Giappone degli anni 60. È un tipo solitario che come tutti quelli senza fratelli, ha imparato presto il piacere della lettura, della musica e della fantasia come surrogato ad una compagnia che non sempre è disponibile. Hajime è un ragazzo solo poiché anche se crescendo è riuscito ad intrecciare qualche relazione, queste non gli hanno mai portato soddisfazione, o meglio quasi mai. All’età di 12 anni incontra una bambina anch’essa figlia unica, anche lei troppo sola: sono finalmente soli in due. Dopo poco, però, sono costretti a cambiare città ed in quel momento di cambiamenti che è l’adolescenza, è difficile mantenere i contatti; non esiste internet e Zuckerberg non è ancora nato. Il pensiero di ciò che poteva essere e non è stato perseguiterà i protagonisti per tutto il liceo e l’università fino alla fase adulta, quando, inevitabilmente, si ritroveranno davanti a quella pellicola e dovranno riavvolgere il nastro.
La storia raccontata da Murakami è intrisa di nostalgia, profuma di pioggia, ma riscalda come soltanto una cioccolata calda davanti alla stufa in una sera di gennaio è in grado di fare. Riscalda perché è un racconto che parla direttamente al nostro mondo interiore, a quella parte di noi che ogni giorno tiene insieme le corde che reggono la realtà in cui scegliamo di vivere. Non è una storia con personaggi fantastici, eroi o gatti che spariscono all’improvviso. È la storia della vita di ognuno di noi.
Anche in questo romanzo, Murakami ci regala una magnifica colonna sonora fatta di pezzi jazz come South of the border di Nat King Cole (da cui il titolo dell’opera), Star-crossed lovers di Duke Ellington ed autori di musica classica come Rossini e Liszt. È un libro che porta il lettore in un mondo parallelo, per fargli osservare da un nuovo punto di vista quello che ha sempre avuto davanti. È forse uno dei lavori più intimi e maturi del maestro giapponese. A sud del confine a ovest del sole è come quella mano sulla spalla che ti fa andare avanti mentre vedi i pezzi del domino della vita cadere uno dopo l’altro, è il racconto del crescere essere umani, qualcosa che accade inevitabilmente e che spesso come «una pioggia leggera cade sul mare senza che nessuno possa vederla».
Salvatore Corsaro
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