ATENE – Il destino economico della Grecia ormai è appeso a un filo sottile che traccia la linea inesorabile tra il rischio default e la prospettiva di rinascita. Domenica il popolo ellenico sarà chiamato alle urne per decidere, tramite referendum popolare, di restare o meno nell’euro. All’orizzonte si profilano diversi scenari, mentre è corsa agli sportelli bancari del Paese per recuperare liquidità.
Gli euroscettici spingono, ovviamente, per l’uscita di scena dall’eurozona. L’effetto di questa scelta porterebbe al ritorno immediato della dracma, la moneta nazionale. La Banca centrale greca si tirerebbe fuori dalla BCE una volta per tutte per tornare a stabilire in completa autonomia le proprie politiche monetarie. La dracma, però, si troverebbe istantaneamente in una situazione di svalutazione nei confronti delle altre monete, mettendo in crisi i risparmiatori greci. L’aumento dei prezzi va di pari passo con le importazioni dei generi di prima necessità quali petrolio, beni alimentari e medicinali. Atene potrebbe anche optare per tenere l’euro in qualità di riserva di valore e usare le cambiali per pagare dipendenti pubblici e pensionati.
Esistono altre strade, anche se concretamente meno praticabili. Una di queste prevede la conferma dell’euro, ma con l’uscita della Banca centrale greca dal circuito BCE la Grecia non avrebbe più accesso ai prestiti erogati da Francoforte. Questa soluzione è vigente in un piccolo Stato come il Montenegro, che comunque versa in una condizione economica diversa rispetto ad Atene.
Gabriele Mirabella
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