La richiesta di limitare l’imponente ondata di cittadini europei, tra cui numerosi italiani in cerca di lavoro nel Regno Unito (e specie nella capitale, Londra) è stata presentata dal ministro dell’Interno inglese Theresa May, la quale il 30 agosto scorso ha esposto le proprie idee in materia di immigrazione, utilizzando le pagine del giornale britannico The Sunday Times. La May ha concisamente dichiarato che l’Inghilterra non può più sostenere un numero così alto di emigranti europei “continentali”, che arrivano nel suolo inglese intasando e mettendo sotto pressione le infrastrutture, come case e trasporti, e i servizi pubblici, come ospedali e scuole. L’intenzione del ministro, appoggiato dal premier Cameron, è quella di mettere un freno alla libertà di movimento in Europa, sostenendo che «libera circolazione significava libertà di spostarsi per lavorare, non libertà di attraversare le frontiere per cercare un lavoro o usufruire dei benefici sociali altrui».
Per essere più chiari, si tratterebbe di bloccare coloro i quali si recherebbero in UK senza essere già in possesso di un contratto lavorativo e che, quindi (come d’altronde fanno molti nostri giovani connazionali), si trasferirebbero con la speranza di trovare lì un lavoro e una possibilità di crescita. A ciò si aggiunge la lotta ai cosiddetti “turisti UE del welfare” i quali si stanzierebbero lì con lo scopo di approfittare degli assegni di disoccupazione, dellri vantaggi garantiti ai disoccupati, soprattutto se con famiglia e figli. Altra nota del ministro riguarda il controllo di tutti quei giovani europei che, arrivati in suolo inglese con visti da studenti, si tratterrebbero poi oltre il tempo previsto: l’obiettivo proposto consiste nel fat sì solo a chi ha trovato un impiego adatto al proprio livello di studi abbia il permesso di rimanere a lavorare e stabilirsi regolarmente nel Regno Unito. Il tutto può essere sintetizzato in una frase pronunciata dalla stessa May: «La libertà di movimento sia la libertà di trasferirsi verso un lavoro certo».
Per quanto riguarda i rapporti con l’Unione Europea, della quale l’Inghilterra è un Paese membro, la stangata sull’immigrazione ha creato qualche riserva – e alle accuse di chi sostiene che, così facendo, si stia violando uno dei principi cardini dell’Unione (la libertà di movimento in Europa, appunto), il ministro risponde che non si tratterebbe di violare gli accordi, bensì di ritornare al principio, ovvero a prima di quelli accordi di Schengen che, secondo la May, sarebbero la causa scatenante della crisi odierna.
Per il momento è ancora tutto da vedere, ma la direzione presa dalla politica inglese sembra ormai decisa a limitare e indebolire l’assalto degli europei in cerca di fortuna, che vedono nel Regno di Sua Maestà una sorta di “America europea”, dove approdare per inseguire un sogno. Nel frattempo, per il 2017 è previsto il referendum per l’uscita del Regno Unito dall’UE il cosiddetto Brexit, il cui risultato è però per il momento totalmente imprevedibile.
Lorena Peci
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