Un buono spesa per l’acquisto di libri e giornali riservato ai giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni, che dovranno pagare solo il 25% del prezzo, mentre la percentuale restante verrebbe pagata dallo Stato. Questa è la proposta avanzata dalla Filiera della Carta per combattere la crisi dell’editoria che attanaglia l’Italia anche per scarsa originalità culturale.
Nuova iniziativa della Filiera della Carta: un bonus di cui possono usufruire i giovani tra i 18 e i 25 anni, per acquistare libri, giornali o abbonamenti a riviste e quotidiani pagando solo il 25% del prezzo intero e lasciando che a sborsare il restante 75% sia lo Stato, fino ad un contributo massimo di 100 euro a persona. Su un totale di 5 milioni di giovani, il 50% di questi sarebbe lieto di servirsi dello sconto e ciò comporterebbe una domanda di 328,1 milioni per il settore editoriale, pari al costo di 246,1 milioni per lo Stato.
La proposta potrebbe aiutare a risollevare effettivamente l’editoria? I potenziali 5 milioni di lettori rappresenterebbero, come spiega Alessandro Nova – docente dell’Università Bocconi – nella sua relazione durante l’incontro annuale della Filiera della carta, editoria, stampa e trasformazione «un volano sicuramente efficace nell’imprimere un impulso importante allo sviluppo di un maggior livello culturale dei potenziali lettori». In base ai dati ISTAT e AUDIPRESS, infatti, oltre 800 mila persone nel 2014 hanno cessato di acquistare libri, mentre 1,9 milioni di persone hanno smesso di leggere il quotidiano. In Italia, inoltre, più della metà della popolazione legge meno di un libro all’anno.
Appare chiaro che una circostanza così sconfortante «non possa essere attribuita soltanto alla crisi – sottolinea Nova – ma anche da effetti strutturali legati al sempre più ridotto consumo di offerta culturale». Da questa necessità prende vita l’iniziativa del “bonus”, «in alternativa alla detrazione delle spese di acquisto di libri, quotidiani e periodici», che comporterebbe, dunque, «il duplice effetto di spingere i giovani verso un più intenso consumo di prodotti culturali, fornendo loro competenze per il futuro, e di fornire contemporaneamente alla Filiera uno spunto di recupero di livelli di attività produttiva, che consenta alle imprese di rafforzare la struttura competitiva attraverso, anche, il raggiungimento di livelli di redditività di maggiore equilibrio».
Allora il popolo italiano non legge a causa della crisi? Secondo il docente della Bocconi, «la dinamica decrescente del rapporto tra acquisti di libri e giornali» è la conferma «della scarsa propensione degli italiani verso la fruizione di prodotti culturali» accentuata, però, dalla «generalizzata diminuzione dei consumi, che ha visto sacrificare i beni non necessari rispetto a quelli primari». Si deve, quindi, desumere che gli abitanti dello stivale non ritengano la cultura un bene necessario e primario?
Monica Ardizzone
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