Appena una settimana dal suono della prima campanella (in 13 regioni italiane) e già si prospetta un autunno caldo, con una nuova ondata di proteste settembrine. Sotto accusa, ça va sans dire, il rientro a scuola più tumultuoso della storia recente, segnato dalle sfide e dalle incertezze della pandemia (senza dimenticare il dibattito dei giorni scorsi sui temi della parità e dell’espressione di genere tra i banchi).
Si parte con uno sciopero nazionale per le giornate di giovedì 24 e venerdì 25 settembre: previste mobilitazioni nelle maggiori città italiane. Rischia così di slittare il rientro per le regioni che avevano scelto proprio la data del 24: Abruzzo, Basilicata, Calabria e Campania. Altro importante appuntamento in Piazza del Popolo a Roma, nel pomeriggio di sabato 26, dove genitori, insegnanti e studenti si ritroveranno a conclusione delle giornate di attivismo.
Attesi in piazza tutti i maggiori sindacati di categoria: da Cobas a FLC (Federazione Lavoratori della Conoscenza, organo della CGIL), da Snals alla Gilda degli insegnanti, tutti uniti sotto lo slogan di “Priorità alla scuola”.
Trasporti, spazi, banchi, nomine, metodi didattici: tutto è sul tavolo della discussione. La rivendicazione di maggiore rilievo, come prevedibile, è quella delle mancate convocazioni: si aspetta con sempre maggiore urgenza la nomina di circa 200mila docenti, di cui 20mila di sostegno, tra errori nelle graduatorie e poco efficienti procedure online.
Bruciante, poi, la questione degli spazi e dell’edilizia a norma Covid: in molti istituti superiori, le sezioni si trovano divise a metà e alternano su turnazione la didattica a distanza e quella in presenza, proprio a causa della carenza di immobili, con un danno alla didattica e alla socialità. Tema strettamente legato è quello dei nuovi banchi, quei famigerati banchi su rotelle che stanno facendo discutere da quando sono stati presentati in diretta televisiva dalla ministra Azzolina, suscitando in molti casi ilarità e scetticismo. Banchi e sedie che tardano ad arrivare, costringendo gli studenti a seguire le lezioni in condizioni di discomfort e precarietà.
Aldilà delle singole istanze, tuttavia, scende in piazza il generale senso di abbandono delle istituzioni scolastiche di fronte all’emergenza mondiale, così come la paura di un danno a lungo termine sulla qualità dell’istruzione pubblica nazionale. Al Ministero si chiede soprattutto trasparenza sul Recovery Fund, e appoggio nel sogno di trasformare un trauma generazionale in un’occasione per concepire una nuova idea di scuola.
Agata Virgilio
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