Domenica prossima 12 luglio sarà un giorno decisivo per il futuro della Polonia: si tornerà a votare per il secondo turno delle elezioni presidenziali. A far discutere, in questi ultimi giorni di subbuglio pre-elettorale, sono soprattutto gli obiettivi politici proclamati dal Presidente uscente Andrzej Duda, sovranista esponente di Diritto e Giustizia (Prawo i Sprawiedliwość, PiS): Duda, in svantaggio nei sondaggi, ha infatti deciso di giocarsi l’ultima tornata della campagna elettorale scagliandosi contro i diritti LGBT, oltre che contro l’educazione sessuale nelle scuole (o meglio, contro ciò che egli definisce “contenuti di istruzione che possono moralmente corrompere i bambini e i ragazzi”). Eclatante è soprattutto la proposta di vietare esplicitamente e definitivamente le adozioni da parte di coppie omosessuali, introducendo addirittura una norma costituzionale dedicata. La proposta sembra però avere valore prettamente propagandistico: il PiS, infatti, non dispone al momento della maggioranza necessaria a una riforma costituzionale.
Durante il picco della pandemia, Duda aveva inoltre proposto una legge che avrebbe posto lo stop agli aborti, in quanto ritenuti servizio sanitario non essenziale: un disegno di legge temporaneamente sospeso, la cui proposta ha tuttavia suscitato comprensibili polemiche.
Il suo sfidante, il liberalconservatore Rafal Trzaskowki (esponente di Piattaforma Civica, Platforma Obywatelska), esprime posizioni più moderate: pur dichiarandosi contrario al riconoscimento delle famiglie omogenitoriali, si è comunque schierato contro le discriminazioni omofobe e a favore della promozione di politiche per la parità di genere.
I diritti delle persone LGBT sono decisamente carenti in Polonia, dove le coppie formate da persone dello stesso sesso non godono di alcun riconoscimento giuridico. Contrariamente a ciò che potrebbe apparire dalla proposta di Duda, le coppie omosessuali non possono adottare (le coppie lesbiche non possono inoltre accedere alla fecondazione in vitro): tuttavia, nel 2018, due donne hanno ottenuto da parte della Corte Suprema il riconoscimento del figlioletto di quattro anni come proprio. Anche l’opinione pubblica si è mostrata fortemente indietro sul tema: nel 2017, solo l’11% della popolazione si dichiarava favorevole alle adozioni.
Agata Virgilio
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