BRUXELLES – Il colpo di scena di lunedì ha sorpreso un po’ tutti. Il premier turco Ahmet Davutoglu si è presentato all’incontro con i leader dei 28 Paesi dell’UE con in mano un testo contenente nuove richieste per fermare il flusso di migranti in arrivo: altri tre miliardi (oltre ai tre già concordati), accelerazione nella liberalizzazione dei visti, riapertura della discussione sui negoziati per l’adesione della Turchia all’UE e maggiore impegno degli Stati membri del processo di reinsediamento. Tutto questo ha protratto la riunione fino a notte fonda e senza che si sia giunti a un vero e proprio accordo finale, anzi: ci si è limitati a concordare una «dichiarazione di principio», per usare le parole del presidente della Commissione Juncker. L’occasione per discuterne nuovamente avverrà durante il Consiglio europeo già programmato per la prossima settimana.
Se i capi di Stato e di governo hanno comunque definito quella di Ankara come una «proposta seria», di diversa opinione è il Parlamento europeo, all’interno del quale ciascuna componente si è dichiarata quantomeno scettica. «Serve un vero partenariato con la Turchia, ma non possiamo dare assegni in bianco e, soprattutto, non bisogna mischiare tutto: la crisi dei rifugiati è una cosa, l’adesione della Turchia all’Ue è tutt’altra» ha osservato Weber, leader del PPE. Sulla stessa lunghezza d’onda il capogruppo dei S&D, Gianni Pittella, il quale, ricordando quanto accaduto al giornale di opposizione Zaman, ha affermato che «questo accordo non può essere un baratto, un mercanteggiamento sulla pelle dei rifugiati: sui diritti umani e sulla libertà di stampa e di espressione non si negozia».
Non sono soltanto i partiti politici a considerare pericoloso la bozza d’accordo. Anche l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), Filippo Grandi, si è detto «profondamente preoccupato su qualsiasi accordo che comporterebbe un ritorno indiscriminato di tutti, senza la salvaguardia delle protezioni garantite dal diritto internazionale, quindi un ritorno indiscriminato di tutte le persone che arrivano in Grecia». Questo non sancisce l’esigenza di strappare qualsiasi accordo, ma di ambire ad un accordo migliore. Infatti, ricorda Grandi in conclusione, «questa emergenza non deve essere una crisi, può essere gestita».
Lorenzo Guasco
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