BOLOGNA – In un’atmosfera intellettualmente vivace, mercoledì 17 febbraio si è svolta la presentazione della più recente opera di un grande politologo come Gianfranco Pasquino, ovvero La Costituzione in trenta lezioni. La Sala Stabat Mater, situata nella Biblioteca dell’Archiginnasio, si è trasformata in acceso luogo di dibattito e scambio di opinioni su una materia al confine fra diritto, politica e storia grazie ai contributi di Elena D’Orlando (Università di Udine), Justin O. Frosini (Università Bocconi), Tommaso Giupponi e Sofia Ventura (Università di Bologna).
Un pregio del libro riconosciuto da tutti gli ospiti è stato sicuramente la sua chiarezza espositiva, che lo rende in questo modo una lettura multilivello, sia come approfondimento, sia come introduzione pedagogica all’argomento. Diversi, tuttavia, sono stati i punti di dissenso fra i docenti. Alla visione della Costituzione, sostenuta da Pasquino, come un patto fra culture politiche, fra cittadini e fra istituzioni, si è contrapposta quella della Ventura, la quale ha sottolineato l’elitarismo e la ristrettezza di tale compromesso, deciso in Parlamento dai partiti senza un incisivo coinvolgimento dell’opinione pubblica e con l’intento di escludere alcune formazioni, facendo così riferimento al concetto di arco costituzionale. Un’ulteriore divergenza fra i due è sorta sull’antifascismo, da considerare come un movimento unitario secondo Pasquino al fine di non delegittimare l’origine storica della Carta, mentre da dividere in antifascismo democratico e antifascismo socialista e comunista ad opinione della Ventura.
Un’altra questione trasversale, presente in tutti gli interventi, è stata l’inscindibile rapporto fra diritti e doveri, poiché laddove nascono diritti, spesso, nascono anche doveri. In tal senso, come evidenziato da Giupponi, con l’appropriazione da parte del popolo della sovranità, da esercitare nelle forme e nei limiti previsti, si è creato anche il richiamo alla necessità di un’attiva partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. Sempre in merito, Pasquino ha voluto lanciare anche una piccante provocazione: «Così come gli americani esigevano il principio del no taxation without representation, oggi dovrebbe valere quello opposto, no representation without taxation, cioè: se non paghi le tasse non hai diritto alla rappresentanza». Proprio la capacità di unire diritti e doveri, secondo la tesi di D’Orlando, è uno degli elementi che rafforza la più grande qualità della Costituzione, la resilienza, ovvero la capacità di adattarsi senza cedimenti strutturali anche nei periodi di maggiore crisi.
Infine, la discussione non poteva non toccare, almeno parzialmente, il tema della revisione costituzionale. Alla domanda se si è riflettuto a sufficienza in proposito, Pasquino ha ricordato come, negli ultimi trent’anni, si sia continuato a parlare di riforme senza che nessuno abbia studiato veramente a fondo la Costituzione. Anche Frosini ha fatto notare come sia fallace il capo d’accusa mosso nei confronti del bicameralismo paritario: anziché additare come problema il meccanismo della doppia fiducia, effettivamente un unicum, si denuncia il suo effetto frenante sull’attività legislativa, mentre, semmai, il problema italiano sarebbe quello dell’eccesso di legislazione e, certamente, non di una sua mancanza. La conclusione, come da copione, è stata affidata all’autore del libro, il quale si è detto preoccupato «non tanto di una deriva autoritaria, quanto di una deriva confusionaria, una piaga, peraltro, non recente in questo Paese. Ma la storia dovrebbe servire proprio a questo, ad imparare dai nostri errori». Speriamo sia un buon auspicio.
Lorenzo Guasco
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