Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, interviene a riguardo della crisi in Siria e riguardo all’ISIS. Sul sedicente Stato Islamico il ministro afferma con sicurezza che si trova in difficoltà a livello militare. A Santo Stefano, però, il leader del califfato Abu Bakr al-Baghdad aveva annunciato una chiamata alle armi, affermando che le sue forze armate fossero al massimo della loro potenza. Questo per Gentiloni non sarebbe altro che un segnale ulteriore della odierna debolezza dell’ISIS: si tratterebbe, dunque, di semplice esibizione di forza.
Riguardo agli impegni militari dell’Italia, il ministro ricorda come il governo non voglia accogliere venti di guerra e per adesso ha dispiegato forze militari, non destinate a combattere. Infatti 450 uomini sono stati inviati a Mosul, per proteggere quanto di positivo fatto in quella terra. Inoltre altri soldati italiani si trovano a Erbil, per addestrare i peshmerga curdi, oltre alla polizia e alle forze di sicurezza. Gentiloni prosegue il suo discorso, parlando della crisi politica in Siria: il ministro si esprime fiducioso su una riapertura delle trattative tra i Paesi del Gruppo di Vienna e il gruppo delle Nazioni Unite con gli esponenti del regime di Assad. Qualora si arrivasse a degli accordi, la Siria smetterebbe di essere martoriata dai continui bombardamenti. Gentiloni parla anche della Libia, definendo importante il massimo impegno per l’instaurazione di un governo stabile all’interno dello Stato nordafricano.
Claudio Francesco Nicolosi
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