Qui canale della Manica: laddove le acque del Mare del Nord si mischiano nell’immenso Oceano Atlantico, frangendosi contro le bianche scogliere di Dover, due Paesi stanno pian piano affrontando due nuovi cicli politici. Che questa sia la fine della leadership della Germania sull’Unione Europea (una bestia malata che deve essere curata, non di certo con i dilaganti populismi moderni) ?
Le recenti elezioni presidenziali francesi hanno visto Emmanuel Macron imporsi sia su Marine Le Pen, candidata del Front Nacional, leader della destra francese, sia sugli altri aspiranti candidati all’Eliseo: l’Homo Novus formato Europa potrebbe essere la chiave di (s)volta di questa Europa. Il primo esponente di En Marche ha affermato in una intervista esclusiva rilasciata al Corriere della Sera: «La leadership non si assume per decreto, si costruisce coinvolgendo altri Paesi e attori e viene riconosciuta alla luce dei risultati che vengono ottenuti. Sarebbe presuntuoso dire sin da ora che la Francia esercita una nuova leadership europea. La vera questione è l’obiettivo della nostra azione, e il punto di partenza è la crisi che attraversano le democrazie occidentali […]. Quando guardiamo il Pianeta oggi, che cosa vediamo? Un’ascesa delle democrazie illiberali e degli estremismi in Europa, il risorgere di regimi autoritari che mettono in discussione la vitalità democratica, e gli Stati Uniti d’America che in parte si ritirano dal mondo. Le crisi si moltiplicano in Medio Oriente e nel Golfo, le ineguaglianze si aggravano ovunque nel mondo».
Macron è anche il Giulio Cesare di una duplice vittoria: non solo le presidenziali, ma anche le legislative. 306 seggi su 573 in Parlamento conquistati solo con il suo partito e una voglia di ripartire dalle 12 stelle gialle su sfondo blu: «La democrazia è nata su questo continente. Gli Stati Uniti amano la libertà quanto noi, ma non hanno il nostro gusto per la giustizia. L’Europa è il solo luogo al mondo dove le libertà individuali, lo spirito democratico e la giustizia sociale si sono sposati fino a questo punto. Il punto è – riporta corriere.it – se l’Europa riuscirà a difendere i suoi valori profondi, dei quali ha irrigato il mondo per decenni, o se scomparirà davanti all’ascesa delle democrazie illiberali e dei regimi autoritari». Il Presidente della Francia ha le idee chiare: porre fine all’egemonia non vuole necessariamente significare la presa di posizione da parte di un altro Paese (la Francia nel caso specifico), ma può benissimo rappresentare l’apertura verso una grande cooperazione tra Berlino e Parigi.
«La Germania spenderà più della Francia in materia di difesa. Chi l’avrebbe mai creduto possibile? Ma la Germania è lucida sui limiti di un’azione che non sia pienamente europea, in particolare in tema di interventi militari. La Germania sa che il nostro destino è ridiventato tragico. Ha bisogno della Francia per proteggersi, per proteggere l’Europa e assicurare la nostra sicurezza comune. […] Gli egoismi nazionali sono dei veleni che agiscono lentamente, indeboliscono le nostre democrazie e la capacità collettiva ad affrontare questa sfida. So che la cancelliera ne è cosciente» conclude Macron. Intanto la Merkel guarda al 24 settembre 2017, data in cui si terranno le elezioni federali in terra tedesca: la cancelliera uscente, forte dei suoi tre mandati consecutivi precedenti (Angel Merkel ha vinto infatti tutte le elezioni susseguitosi dal 2005 ad oggi ndr), proverà a con il suo partito, Unione Cristiano-Democratica di Germania, a battere ancora una volta la concorrenza. Il suo rivale per la corsa al Bundestag è Martin Schulz, segretario del Partito Socialdemocratico di Germania.
Il partito della Premier uscente Theresa May, il Partito Conservatore, ha vinto le recenti elezioni dell’8 giugno 2017, imponendosi con un non troppo schiacciante 42,3% sul Partito Laburista di Jeremy Corbin, aspirante concorrente della suddetta, che ha guadagnato il 40,3% dei voti. Rispettivamente i le due formazioni politiche hanno ottenuto 317 e 262 seggi sui 650 totali. La battaglia principale dell’attuale Gran Bretagna è senza dubbio l’uscita dall’Unione Europea, decisione sentenziata dal referendum popolare datato giugno 2016 che ha peraltro visto le dimissioni del Premier inglese Cameron. «I cittadini dell’Unione residenti – riporta La Repubblica – nel Regno Unito potranno restare», questa la promessa della Premier inglese all’apertura dei negoziati per la Brexit: infatti ogni europeo residente da almeno 5 anni in territorio britannico (con decorrenza da una data che verrà fissata in futuro) potrà godere di ogni diritto che la Corona inglese riconosce, come se fosse un inglese a tutti gli effetti.
Tuttavia la reciprocità dovrà essere fondamentale: anche l’Unione Europea dovrà garantire i medesimi diritti ai cittadini britannici. Ma la questione è ancora molto controversa: «Quello sui diritti dei cittadini europei è solo un primo passo, ma – riporta repubblica.it – non è sufficiente», così Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, ha freddato la proposta della May. Ciò che non convincerebbe appieno l’eurocrate sarebbe l’estromissione della Corte di Giustizia Europea dalle controversie giuridiche dei cittadini europei in terra inglese dopo la Brexit. Per Theresa May queste saranno esclusiva competenza dei «rispettabilissimi tribunali» inglesi.
Con questo processo di uscita, tuttavia, la Francia resterà l’unica nazione dell’UE ad avere un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza all’Assemblea delle Nazioni Unite (ONU), dato che il seggio fisso della Gran Bretagna si staccherà dall’organo comunitario e che gli altri tre sono occupati rispettivamente dalla Russia, dagli Stati Uniti e della Cina. E a proposito di Stati Uniti, non si può non parlare della NATO: Trump ha annunciato la volontà di implementare i costi dell’Alleanza Atlantica: con Londra fuori dalla bandiera blu dalle dodici stelle gialle, Parigi resta l’unica dotata di un arsenale nucleare. Francia e Germania adesso devono dimostrare che l’Europa può contare realmente su un proprio esercito e non ha più stretto bisogno dell’appoggio degli Stati Uniti. Naturalmente con la Gran Bretagna sarebbe stata tutta un’altra musica.
Eppure Francia ed Inghilterra ad oggi hanno un nemico comune: il terrorismo islamico che indietreggia in casa e semina terrore in trasferta, che si difende e prova a pungere in contropiede, mentre la voce presunta morte di al-Baghdadi rimbomba, tra un raid ed un altro, sull’Iraq e sulla Siria. «Questa è la mia linea: dire le cose con molta fermezza a tutti i miei partner ma dirgliele prima in tête à tête. […] Sulla Siria, non risolveremo la questione solamente per via militare, è l’errore che abbiamo commesso in modo collettivo. La vera mia novità su questo tema, è che non ho detto che la destituzione di Bachar el Assad era una condizione preliminare a tutto. Perché nessuno mi ha presentato il suo successore legittimo. Le mie linee sono chiare. Uno: lotta assoluta contro tutti i gruppi terroristici. Sono loro, i nostri nemici. Due: stabilità della Siria, perché non voglio uno Stato fallito», queste le parole di Macron al Corriere della Sera sulla questione mediorientale.
«Tre: ho due linee rosse, armi chimiche e corridoi umanitari. L’ho detto chiaramente a Vladimir Putin, sarò intrattabile – riporta corriere.it – su questi argomenti. Quattro: voglio una stabilità siriana a medio termine. Questo significa un rispetto delle minoranze. Bisogna trovare le vie e i mezzi di una iniziativa diplomatica che faccia rispettare questi quattro principi». Intanto prima Parigi e poi Londra, oltre Bruxelles, sono state letteralmente piegate da svariati attacchi terroristi che hanno seminato morte e distruzione». Del resto trattare con Mosca è fondamentale: infatti la Russia di Vladimir Putin è l’unico Paese operante sul territorio siriano a non far parte della coalizione guidata dagli Stati Uniti, coadiuvata da Gran Bretagna e Francia, a cui si sono aggregati successivamente più Paesi tra cui Belgio, Germania ed Italia.
In questo momento di grande debolezza del Califfato i nuovi leader dei due più grandi Stati del Vecchio Continente, che sia sotto il segno comune dell’organo comunitario o sotto il semplice denominatore del medesimo continente di appartenenza, hanno il dovere civile e morale di debellare definitivamente una piaga per cui da tanto si sta combattendo, dimostrando che non è sempre necessario un intervento degli USA e della Russia per risolvere i problemi (anche se per ora la storia ha dimostrato di non pensarla così).
Francesco Raguni
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