AMERICA – Dopo gli attentati che hanno coinvolto l’Europa, il Medio Oriente e in parte l’Africa e l’America, la febbre del terrorismo è tornata a terrorizzare. Dall’11 settembre non si è mai cessato di parlare di sicurezza, di diritti umani e soprattutto di come queste due (forse) antitetiche istanze si scontrano. Dall’America un allarmante sondaggio dimostra come attualmente la bilancia sia a favore della sicurezza: due americani su tre considerano lecita la tortura per estorcere informazioni a presunti terroristi.
Il sondaggio è stato effettuato da Reuters Ipsos poll in seguito a una dichiarazione del candidato repubblicano Donald Trump che ha manifestato il suo intento di reintrodurre il waterboarding, vale a dire l’annegamento simulato, a oggi vietato. Difatti, l’indagine ha dimostrato che coloro che ritengono lecita la suddetta pratica sono per l’82% repubblicani e il 53% democratici. Inoltre, solamente il 15 % degli intervistati è completamente contrario alla soppressione dei diritti umani, il 25% ammette che è spesso giustificata e il 38% talvolta. Come è intuibile, le associazioni a tutela dei diritti umani si sono indignate, protestando. Il tema si ripropone sotto vari aspetti ogni giorno: è giusto preservare la privacy di un sospetto proprietario di un’iPhone o prevale la tutela dell’ordine pubblico e quindi si può hackerare il dispositivo? Si può ledere la dignità umana di un presunto terrorista per tutelare la sicurezza collettiva? Si possono obliterare la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani et similia? No, forse; ma al contempo: si può lasciare dilagare l’insicurezza e il terrorismo? Ancora una volta probabilmente la soluzione è «In medio stat virtus».
Viviana Giuffrida
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