A nord-est della Nigeria, presso una moschea locale, due ragazze si sono fatte saltare in aria causando la morte di 30 civili e diversi feriti. L’attentato è avvenuto in uno dei momenti di pienone del luogo sacro per i fedeli che si riunivano in preghiera. La città, locata nello stato di Borno, ha già subìto altri atti terroristici, quest’ultimo, il quarto, è stato un attentato da parte dei fondamentalisti islamici del posto: i “Boko Haram“, soprannominati così dalla gente stessa di Maiduguri (“Boko” in lingua locale significa “educazione occidentale”, “Haram” invece “peccato”), anche se, in realtà, il loro nome ufficiale è “Gruppo della Gente della Sunna per la propaganda religiosa e per il Jihad“. Il luogo dell’attentato, inoltre, è il luogo di nascita dell’organizzazione stessa.
Diverse le persone che sono andate a testimoniare l’accaduto, in primis un pescivendolo: il commerciante ittico ha riferito che la prima ragazza è esplosa mentre si stava avvicinando alla moschea dalla zona del mercato del pesce, situato nella vicina Baga Road. Per quanto riguarda la seconda kamikaze il pescivendolo sostiene che sia esplosa mentre sembrava stesse scappando, causando solo la sua morte. È poi intervenuto Sama Ila Abu, un civile che combatte nei gruppi di difesa costituiti di matrice popolare volti a debellare Boko Haram, ha detto di aver contato circa 30 cadaveri smembrati e dilaniati dalla prima esplosione.
Donne e bambini rapiti dai terroristi Boko Haram subiscono il lavaggio del cervello. Spesso vengono mandati a combattere contro la loro volontà. Gli ordigni e le cinture esplosive indossate dalle donne kamikaze, vengono controllati a distanza da appositi dispostivi, in modo tale da impedire alle donne di liberarsene.
Francesco Raguni
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