Da nord a sud decine di parrocchie hanno aderito all’iniziativa in onore della “Giornata Internazionale contro l’omofobia”. In prima linea anche Genova e Palermo.
Era l’ottobre dell’anno scorso quando Papa Francesco, di ritorno dal viaggio in Georgia, affermò la necessità di «accogliere e accompagnare» omosessuali e transessuali perché «è quello che farebbe Gesù». Ora, a quasi sei mesi di distanza, quelle parole riecheggiano fra le parrocchie italiane unite nella fede alla lotta all’omofobia. Da venerdì, infatti, numerose comunità cattoliche hanno organizzato, fino a fine maggio, veglie di preghiera contro le discriminazioni di genere. I pionieri dell’iniziativa sono stati Milano e Siviglia, ma hanno aderito anche Genova e Palermo, le due diocesi i cui arcivescovi vietarono ai fedeli la partecipazione alle veglie organizzate nelle precedenti edizioni. Nel 2011 fu il cardinale di Palermo, Paolo Romeo, a interrompere la veglia organizzata dal parroco di Santa Lucia, don Luigi Consonni, adducendo a pretesto la De pastorali personarum homosexualium cura del 1986, in cui l’allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, Joseph Ratzinger, definiva l’inclinazione omosessuale come «oggettivamente disordinata» dal punto di vista morale. Analogamente, nel capoluogo ligure fu il cardinale Angelo Bagnasco, nel 2015, a proibire la celebrazione dell’evento nella chiesa della Sacra Famiglia, imponendo, così, al parroco, don Ferdinando Primerano, di chiudere all’ultimo momento le porte della cattedrale di Via Bobbio al gruppo Bethel, comunità che da anni raduna credenti Lgbt.
Quest’anno, però, gli omosessuali credenti intendono unirsi affinché si sancisca la fine dell’omofobia, transfobia e di qualsiasi altra discriminazione. Insieme alle parole incoraggianti del Pontefice, inoltre, a fungere da monito nelle veglie cattoliche sarà un versetto della Lettera di San Paolo ai Romani: “Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite” (Rm 12, 14). L’assoluta novità di questo nuovo ciclo di incontri celebrativi, tuttavia, risiede soprattutto nella pubblica partecipazione alle veglie di numerosi ordini religiosi e comunità cattoliche. A Genova, infatti, non solo la celebrazione sarà ospitata da una parrocchia, ma vi parteciperà anche il vicario generale della diocesi Nicolò Anselmi; a Milano si uniranno idealmente con una fiaccolata di luci il tempio valdese e la parrocchia di Santa Maria della Passione. A Palermo la promotrice dell’evento è stata la Chiesa Evangelica Luterana, affiancata, fra gli altri, dai Missionari Comboniani del Cuore di Gesù, noti semplicemente come comboniani, e dai gesuiti della Chiesa del Gesù.
«Mi sembra il segno più evidente di come la Chiesa stia cominciando a interrogarsi seriamente su quanto affermava il Sinodo dei vescovi, circa la necessità di costruire una pastorale di accoglienza per le persone Lgbt e i loro familiari», è quanto ha affermato Innocenzo Pontillo, referente del progetto Gionata su fede e omosessualità.
Di verità assordate, infine, appaiono le parole di don Franco Barbero, animatore delle Comunità cristiane di base: «Queste veglie sono il segno di una Chiesa che vuole cambiare pelle anche se, a onor del vero, esiste ancora una parte che resiste e all’interno della quale è diffusa l’indifferenza. C’è ancora chi non solo non partecipa alle sofferenze degli omosessuali, ma un po’ le irride e ne prende le distanze. Il motivo per me è semplice: chi prende le distanze lo fa perché ha paura di sé. In sostanza teme di riconoscere negli altri ciò che è anche in sé. Sono le nostre paure a renderci diffidenti verso gli altri»; per l’ex presbitero, dimesso dallo stato clericale per decreto di Giovanni Paolo II nel 2003 per le sue teorie in contrasto con il magistero della Chiesa cattolica, «l’accoglienza deve essere sempre senza se e senza ma, in caso contrario non è accoglienza».
Francesca Santi
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