«Ma allora io quasi quasi prendo il treno e vengo vengo da te» chissà quante volte l’abbiamo canticchiato questo ritornello e chissà quante, poi, un treno lo abbiamo preso davvero: per raggiungere qualcuno, qualcosa, una meta, una casa o ancora per cambiare aria, vita. Che siano poche o all’ordine del giorno, che il coraggio lo si sia trovato o ci sia mancato, che si sia amanti di altri mezzi o fedelissimi ai binari, più o meno chiunque prima o poi nella vita si ritrova, per decisione o per destino, a salire su qualche vagone.
Il famoso mezzo di trasporto, ormai sempre più spesso superveloce, permette, lo sanno i viaggiatori abituali e non, di raggiungere luoghi distanti in breve tempo. Metafora di una scelta, di un’occasione, nella concretezza del suo significato letterale è, però, molto più semplice da prendere rispetto alle prime. Scevro dalle dinamiche dei sistemi di controllo tipici degli aeroporti, infatti, richiede l’adempimento un’unica facile procedura propedeutica prima di poter essere trasportati da una città all’altra: l’acquisto di un biglietto. D’altronde, si sa, ogni presa di posizione comporta un prezzo corrispettivo uguale e contrario da pagare, che sia una moneta o una rinuncia.
Ebbene, che non tutti i passeggeri siano sempre muniti alla partenza di tale essenziale requisito, purtroppo, non rappresenta né una scoperta né una novità e non è così raro incontrare qualcuno che riesca a viaggiare abusivamente. Una sola tratta illecitamente a costo zero è già sufficiente giustamente a generare la disapprovazione degli onesti contribuenti, figuriamoci quale possa essere il sociale disappunto per i furbetti itineranti decennali. Non si tratta di una battuta o di un modo di dire, come un senso intrinseco di correttezza ci spingerebbe, forse, ad immaginare. In Svizzera, invero, un uomo ha usufruito del servizio senza mai spendere un soldo per ben 50 anni.
Come si sia riusciti a smascherarlo (solo) adesso dopo mezzo secolo? Semplicemente grazie al tradimento di un finora fedele alleato: il senso di colpa. «Vorrei rimediare al danno che vi ho causato», sono queste le parole scritte, infatti, dal neo pensionato contenute nella lettera di autodenuncia recapitata alla direzione dei trasporti della rete ferroviaria regionale Berna-Soletta. Sulla base di un calcolo approssimativo è possibile stimare che il biglietto per la tratta che il signore era solito percorrere, in seconda classe e con un abbonamento dal prezzo dimezzato, ammonterebbe a 16 euro.
Neanche uno spicciolo sarà però versato o, meglio, restituito all’ente. Il portavoce dell’azienda ha inaspettatamente dichiarato che i libri contabili del 1967 sono chiusi da un bel po’. Ad incidere sulla decisione, tuttavia, anche l’onestà del vecchietto. «Non ci era mai capitato nulla del genere, siamo davvero commossi». Il sopraggiunto ravvedimento dell’uomo gli ha permesso, dunque, anche questa volta di farla franca senza versare neanche un franco.
Concetta Interdonato
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Ti piacerebbe entrare nella redazione di Voci di Città? Hai sempre coltivato il desiderio di scrivere articoli e cimentarti nel mondo dell’informazione? Allora stai leggendo il giornale giusto. Invia un articolo di prova, a tema libero, all’indirizzo e-mail entrainvdc@vocidicitta.it. L’elaborato verrà letto, corretto ed eventualmente pubblicato. In seguito, ti spiegheremo come iscriverti alla nostra associazione culturale per diventare un membro della redazione.