A fronte degli oltre 1.160 minori non accompagnati, nasce un albo delle famiglie disposte a prendersene cura.
Se dapprima l’arcivescovo Matteo Zuppi definiva “un controsenso” il minore non accompagnato, così l’Emilia Romagna ha deciso per prima di adottare delle misure concrete sul fronte dell’accoglienza, lanciando il progetto dei “tutor volontari”. Un sistema per non dover lasciare soli i bambini stranieri che giungono nella Regione senza genitori o altri familiari, ma soprattuto per poter garantire loro un futuro migliore.
Il protocollo, approvato martedì scorso dal tribunale per i minorenni di Bologna e dal Garante regionale per l’infanzia, si prefissa anzitutto l’agevolazione delle procedure per la nomina di nuovi tutori, ossia di cittadini che assumano la tutela legale dei minori. Ciò non implica nella pratica il trasferimento del minore nella propria dimora, non trattandosi di un’adozione, ma un impegno formale da parte del cittadino nel tutelare il minore, seguendolo da vicino e provvedendo alle sue necessità. Già in primavera con l’approvazione dal Parlamento della Legge Zampa, che prevede il divieto di respingere i minori senza famiglia, si era ottenuta una prima svolta in questo senso, mentre adesso il tribunale provvederà nelle prossime settimane a raccogliere le disponibilità e strutturare i corsi di formazione per i volontari tutor, con il contributo dei servizi sociali e dei centri di accoglienza. «Speriamo che rispondano in tanti» commenta la garante Clede Maria Garavini, solo a fine aprile in Emilia Romagna era stimata la presenza circa 1.160 minori non accompagnati, quasi esclusivamente maschi di età compresa fra i 16 e i 17 anni, provenienti prevalentemente da Albania, Gambia, Nigeria e Marocco.
L’idea alla base di questo protocollo è che i tutori diventino un punto di riferimento per questi ragazzi, costruendo un’efficace rete di protezione, che prevenga il rischio di essere circuiti da parte di organizzazioni criminali alla ricerca di giovane e manipolabile manovalanza. Senza un aiuto concreto è difficile per questi adolescenti ripartire da zero in un ambiente loro estraneo, secondo la presidente dell’Assemblea regionale Simonetta Saliera, «Perché il protocollo sia utile serve che la comunità intera ci aiuti», da questo punto di vista è risultato molto utile coinvolgere fin dal principio le comunità religiose locali. Nei giorni scorsi infatti allo stesso tavolo nella sede di Viale Aldo Moro a Bologna assieme al presidente del tribunale per i minorenni, Giuseppe Spadaro, hanno partecipato anche i rappresentanti delle diverse confessioni, dal rabbino capo Alberto Sermoneta a Ilhame Hafidi della comunità islamica. Lo stesso Spadaro ha successivamente dichiarato: «Dietro quel fascicoletto non c’è un pezzo di carta ma un soggetto debole, chi si riempie la bocca di respingimenti, dovrebbe venire nel mio fatiscente tribunale per vedere gli occhi di questi ragazzi». Non sono mancate le polemiche da parte della Lega Nord, che con il consigliere comunale Umberto Bosco ha attaccato il protocollo asserendo: «Il fatalismo del vescovo Zuppi è quanto di più irresponsabile si possa affermare, l’accoglienza deve continuare, ma in modo responsabile. Non vanno snobbate la difficoltà dei cittadini».
Diana Avendaño Grassini
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