Il gigante dell’e-commerce Amazon non ha una bellissima reputazione. Dalle accuse di aver contribuito alla chiusura dei negozi indipendenti a quelle di un’evasione senza precedenti, sembra che non abbia pace. E a quanto pare, nemmeno chi ci lavora svolge il proprio lavoro tranquillamente. Un lavoratore malato di Crohn, dipendente di un call center del Kentucky, negli Stati Uniti, è stato licenziato da Amazon per le frequenti fughe in bagno. Il dipendente, affetto da patologia cronica, sarebbe, infatti, stato allontanato dal posto di lavoro dall’azienda che ben sapeva dei suoi gravi problemi di salute; e ora, l’ex dipendente Nicolas Stover ha citato in giudizio Amazon per le gravi e assurde accuse di “furto di tempo” proferite dal suo supervisore.
Il signor Stover ha riferito che, sin dal momento dell’assunzione, Amazon ben sapeva dei suoi gravi problemi di salute. E a causa della malattia, purtroppo, Stover afferma di essere stato costretto a usare il bagno più spesso rispetto agli altri impiegati, situazione che gli ha causato sanzioni disciplinari. Secondo la sua denuncia, la società, già consapevole della malattia sin dal momento della sua assunzione a novembre del 2016, durante il periodo di prova e per questo ha violato la legge americana sulla disabilità con “politiche inflessibili e disumane riguardanti l’accesso al bagno”. Nella richiesta di risarcimento depositata il 15 febbraio, Stover ha avanzato un risarcimento dai 3 a 4,2 milioni di dollari di danni per i salari persi e un “significativo aggravamento dei sintomi” della malattia di Crohn. Al call center del Kentucky, invero, i dipendenti hanno diritto a un’ora di pausa pranzo, due pause al giorno di 15 minuti e 20 minuti. La denuncia menziona il tempo assegnato per le pause bagno, che non può essere modificato dai dipendenti.
Dopo sei mesi, il signor Stover ha richiesto pause simili non programmate, un banco più vicino al bagno e una sistemazione igienica per il trattamento endovenoso della malattia: sono stati tutti negati. Giovanni D’Agata, presidente dello Sportello dei Diritti, ha dichiarato che, sia il Guardian che la BBC, hanno mandato i loro reporter sotto copertura a vedere come fosse davvero la vita dentro uno dei famigerati “centri di smistamento” di Amazon, ed è stato riferito che non era il massimo. In buona sostanza, avrebbero rilevato livelli di stress pericolosi per la salute mentale, vesciche per le lunghe camminate, turni lunghissimi e paghe vergognose. Non si sa ancora quanto siano diffuse queste politiche e se questa singola denuncia sia un outlier. Un portavoce di Amazon ha riferito che, al momento, la società non ha pendenze legali in sospeso.
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