Sottrarre i libri dalle macerie della guerra significa, per i giovani siriani della città di Daraya, non soltanto mettere in salvo il proprio patrimonio culturale, ma preservare le basi sulle quali poter ricostruire il futuro. Un giorno, quando la guerra sarà conclusa, quei volumi strappati alla distruzione saranno i custodi della memoria del passato e grazie ad essi sarà possibile plasmare un nuovo presente. Ecco il motivo che spinge un gruppo di giovani siriani di Daraya, in Siria, ad uscire allo scoperto dopo ogni bombardamento per mettere al sicuro i testi rimasti intrappolati sotto le macerie.
Daraya, una cittadina situata alla periferia sud di Damasco, ormai da tre anni vive una situazione insostenibile per via di una cruenta guerra civile, causa di continui bombardamenti che non producono altro che morti e distruzione. La sua posizione nei pressi dell’aeroporto militare di Mezzé la rende un sito strategico per l’esercito regolare di Bashar Al-Assad, il quale da tempo assedia la città per fronteggiare due gruppi islamisti prossimi all’Armata Siriana Libera. In questo continuo tiro alla fune, costretti all’interno di questa sorta di tenaglia, le vere vittime sono gli abitanti di Daraya, per i quali è quasi impossibile condurre delle normali attività quotidiane.
Proprio in tale contesto, già dall’inizio dei bombardamenti, tutte le attività didattiche e culturali sono state sospese, ma, grazie ad un’iniziativa popolare, si è ben pensato di recuperare i volumi dagli edifici distrutti e di creare una biblioteca, la quale non fosse semplicemente un deposito di testi, bensì un vero e proprio luogo in cui permettere lo scambio culturale e umano: un rifugio sicuro, all’interno del quale nascondersi per sfuggire, almeno per breve tempo, alle atrocità della guerra; un luogo in cui ritrovare il sapore della normalità e della serenità che solo un libro sa dare. Anziché lasciarsi sopraffare dalla disperazione e dalla rassegnazione, infatti, molti degli studenti, rimasti ormai senza occupazione, lavorano tutti insieme per la creazione e il mantenimento di questa biblioteca partecipata, e sono già più di undicimila i libri salvati dalla sicura distruzione. I testi vengono raccolti e catalogati in ordine alfabetico, ma sono altresì schedati a seconda del luogo di ritrovamento, in maniera da poter essere restituiti ai legittimi proprietari che ne facciano richiesta. In un ampio sotterraneo, lontano dal timore delle bombe, sono stati disposti scaffali e librerie, sui quali è possibile trovare testi di letteratura araba e straniera, ma, ancora, volumi di filosofia e teologia. Sono stati, inoltre, collocati tavoli e sedie adibite alla lettura e allo studio. La prossima tappa sarà quella di realizzare una collezione di film documentari da guardare direttamente sul posto, anche se, almeno per adesso, non ci sono abbastanza fondi per concretizzare l’idea.
La biblioteca è, dunque, diventata un vero punto saldo nella vita quotidiana degli studenti di Daraya e di tutti i cittadini. Racconta Abu Malek, uno degli artefici del progetto, a Les Observateurs: «Creando questa biblioteca, ho ritrovato uno scopo nella mia vita. Non passo più giornate intere tra la noia e il timore di nuovi bombardamenti. Adesso consiglio dei libri a chi viene in biblioteca e discutiamo insieme delle nostre ultime letture». Non solo guerra, quindi, non solo distruzione, morte e macerie, ma soprattutto speranza e voglia di guardare al futuro, di pensare ad esso come a qualcosa di concreto, reale e realizzabile. Perché la guerra un giorno finirà, ma la voglia di vivere e di sognare il domani no.
Debora Guglielmino
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