BOLOGNA – Il 2017 si apre con tante domande e poche certezze nel settore legislativo. Non si sa con quale legge si andrà a votare e nemmeno se si andrà a votare. Non si conosce il futuro del governo Gentiloni e il modo in cui affronterà questioni spinose per l’Italia. Tra queste merita una menzione il gioco d’azzardo, balzato agli onori di cronaca negli ultimi tempi a causa del movimento “no-slot”.
Il governo Renzi sembrava intenzionato a dar voce al progetto di chi chiede un intervento statale su una questione riguardante ormai un ampio numero di cittadini. Secondo dati recenti pubblicati da casino non aams bonus senza deposito sono circa 20 milioni gli italiani che hanno giocato d’azzardo almeno una volta nella vita. 800.000 di loro hanno un problema chiamato ludopatia, la dipendenza patologica dalle scommesse. In questo contesto si inserisce il dibattito statale, per un settore in grado di muovere sui 90 miliardi di euro nel 2016. Troppi per non pensare a una riduzione drastica, ma l’ideologia si incontra con le necessità delle casse di Stato. Nei primi mesi del 2016 le entrate erariali dalle imposte dirette e indirette sul gioco d’azzardo hanno superato i 13 miliardi di euro, attestandosi a 13,2, circa 2,5 miliardi in più rispetto allo stesso periodo del 2015 con un incremento del 22%. In una situazione finanziaria a dir poco complicata per le finanze statali, sarà difficile decidere di rinunciare in maniera spontanea agli introiti garantiti dal mantenimento del sistema attuale.
L’estate scorsa Renzi aveva promesso una riduzione del 30% del numero di slot machine presenti sul suolo italiano, ad oggi circa 420.000. Il provvedimento doveva essere attuato entro il 31 dicembre 2017, ma dopo le dimissioni successive al referendum non esiste traccia di un ulteriore cambiamento. La legge di stabilità 2017 è stata approvata dal governo Gentiloni, preoccupandosi dei giochi e tagliando alcuni settori, ma l’impressione è che non si conosca (o si ignori) il reale pericolo nel nostro Paese. Il ridimensionamento dei fondi nelle scommesse sull’ippica non è certo un problema in un’Italia che resta molto legata alle puntate sportive, ignorando in buona parte quelle sulle corse dei cavalli. Per il resto il nuovo appalto per il Superenalotto e l’istituzione della lotteria dello scontrino non sembrano decisioni per la diminuzione del volume di gioco, ma piuttosto per una ridistribuzione dello stesso. A dimostrazione di quanto il potere centrale sia titubante nel limitare gli introiti derivanti dall’azzardo. Come confermato dal prossimo bando di gara per il gioco online, che entro marzo distribuirà 120 concessioni partendo da un’asta di 200.000 euro. Impossibile che davvero il governo reputi internet meno pericoloso del live gaming: il discorso è puramente economico, essendoci almeno 24 milioni di euro in ballo.
La strategia confusa attuata dal governo centrale rischia di portare effetti negativi sui poteri locali. Già in passato diversi comuni e province hanno sottolineato l’inutilità di applicare provvedimenti soltanto in alcune aree, che di fatto vengono ostacolate nell’economia a vantaggio di chi non interviene contro il gioco. In controtendenza con quanto fatto registrare negli scorsi anni, alcune regioni stanno effettuando dei passi indietro per quanto riguarda la prevenzione alla ludopatia. I casi più clamorosi sono l’Emilia-Romagna e l’Umbria, che nelle rispettive leggi di stabilità regionali hanno rinunciato a provvedimenti contro la ludopatia. La prima bocciando un emendamento proposto dal Movimento 5 Stelle sul contrasto alle pubblicità del settore, la seconda rinunciando all’inserimento di 100.000 euro previsti per la lotta al gioco d’azzardo patologico. Ulteriore conferma di quanto la spinta debba arrivare dal centro, per evitare nuove bocciature di prevenzione e cura della malattia. Probabile però che si debba aspettare la legge di stabilità 2018, nella migliore delle ipotesi.
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