Formidabile, coraggioso, dotato di straordinaria umanità, dedito, appassionato, vicino alle persone: Boris Giuliano, compianto poliziotto, padre esemplare, per la sua vita meritevole dell’ immortalità nel ricordo
Giorgio Boris Giuliano nasce il 22 ottobre 1930 a Piazza Armerina (En), suo padre è un sottufficiale della Marina Militare. Proprio per questo motivo trascorre parte della sua infanzia in Libia dove il padre è d’ istanza, ma nel 1941 la sua famiglia ritorna stabilmente in Sicilia, questa volta a Messina, dove il giovane Giuliano cresce, frequenta Giurisprudenza all’Università e si laurea con successo nel 1956. Negli anni dell’università gioca a Pallacanestro fino a raggiunge la serie B con il CUS Messina. Subito dopo la laurea si trasferisce a Milano e inizia a lavorare come dirigente in una piccola fabbrica manifatturiera “La Plastica”. Il 20 settembre 1960 sposa Ines Maria Leotta, insieme avranno tre splendidi figli: Alessandro, Emanuela e Selima (fonte: Il Post).
Il 1962 è un anno fortunato per la polizia: Giuliano vince il concorso da ufficiale e, dopo l’anno di formazione, nel 1963 in una lettera al capo della Mobile, turbato per la strage di Ciaculli, chiede di essere assegnato a Palermo. Qui entra a far parte della Squadra Mobile. Inizialmente membro della Sezione Omicidi, diventa poi vice-dirigente e, nel 1976, capo, dirigente della Squadra Mobile di Palermo. Poliziotto di razza Giuliano consegue una specializzazione a Quantico presso l’FBI National Accademy, ottenendo meriti speciali e molteplici riconoscimenti per le sue attività operative. Determinazione, presenza sul territorio (con agenti in borghese tra i vicoli della città), assidua e attenta osservazione dei volti per riconoscere le foto in archivio e i legami delle famiglie di Cosa nostra sono solo alcune delle sue cifre. La sua è la Squadra ideale: aveva insegnato ai suoi uomini l’unità, la coesione, il lavoro di gruppo. Attento ai dettagli, presso l’FBI aveva imparato a “sterilizzare” la scena di un crimine impedendo a estranei di inquinare le prove, sapeva sparare anche con la mano sinistra per potersi difendere in ogni situazione e se c’era da arrestare un mafioso ordinava alla squadra di essere lui in prima fila perché diceva: «Se qualcuno deve morire, che muoia io».
«Follow the money» dirà in seguito Falcone, ebbene molto prima Giuliano comincia a seguire i movimenti di capitali e droga tra mafiosi e Stati Uniti collaborando con l’FBI e la DEA, che nutrono per lui rispetto e fiducia. Per primo intuisce l’enorme portata del giro di affari internazionale di Cosa nostra e fiuta le alleanze, le trame tra politica finanza e mafia. Lavora alacremente, nel 1970, al caso De Mauro legato alla morte di Mattei, e ne 1978 prende in carico le indagini sull’omicidio di Giuseppe Di Cristina, mafioso, che collaborava con i Carabinieri, caso che segna l’inizio della seconda guerra di mafia con l’ omicidio nel 1981 di Stefano Bontade. Nel 1979 Giuliano, che aveva scoperto che l’oppio in Sicilia veniva trasformato in eroina per essere venduto in America, ne trova le prove: all’Aeroporto di Palermo sequestra, con i suoi uomini, 500 mila dollari alla mafia spediti dalle famiglie mafiose Americane come proventi della vendita di eroina. Grazie a questo colpo l’ FBI sequestrerà negli USA miliardi di lire di eroina palermitana inferendo un colpo durissimo alla mafia. Nel luglio dello stesso anno Giuliano e la sua squadra scoprono i covi dei mafiosi Bagarella e di altri appartenenti ai Corleonesi e in questi trovano le foto dei capi clan e degli affiliati: li smascherano. É qui che cominciano le minacce di morte per il commissario. La mattina del 21 Luglio 1979 Giuliano fa colazione al Bar Lux, in via Di Blasi, e mentre paga alla cassa proprio Leoluca Bagarella vigliaccamente, da uomo di niente, esplode alle spalle del commissario sette colpi mortali. La squadra di Giuliano si cingerà facendo scudo attorno al suo corpo per proteggerlo, come in vita dai pericoli, così anche alla fine, dagli scatti impudenti dei cronisti.
In un’intervista rilasciata a Fabio Tonacci per Repubblica lo scorso maggio 2016 il figlio di Giuliano, per la prima volta ha parlato del padre confidando alcuni aneddoti che vogliamo ricordare. Intanto è d’uopo spendere due righe su Alessandro Giuliano: primogenito del commissario e oggi, dopo una brillante carriera (è stato Questore di Lucca), è il Direttore del Servizio Operativo Centrale. Del padre ha detto: «Era vicino agli ultimi senza essere un sacerdote. Quando in questura a Palermo arrivava un bambino povero che si era perso, lui lo portava a casa nostra. Invece di lasciarlo ad aspettare negli uffici freddi in mezzo ai calcinacci, come era prassi in quegli anni, lo accompagnava da noi. Suonava il campanello e lo presentava a me e alle mie sorelle. Così, per dargli un conforto. Aveva una umanità fortissima. Ha lasciato due messaggi. A me e a tutte le nuove generazioni che fanno questo mestiere. Bisogna scegliere di fare il proprio dovere fino in fondo. E si può essere poliziotti senza dimenticarsi di essere uomini».
Gli amici giornalisti lo definirono “lo sceriffo buono”. Di lui sappiamo che amava suonare la chitarra e raccontare fiabe fantastiche ai bambini. Nel nostro articolo abbiamo diviso il poliziotto dal padre e dall’ uomo ma, in questo caso specifico, non si può fare a meno di precisare che tale divisione è solo per una maggiore chiarezza espositiva, perché in Giulio Boris Giuliano le tre entità erano inscindibili. Ecco forse questa è la chiave della straordinarietà di Giuliano. Spesso non si è tributato il giusto ricordo a questo eroe moderno. É bene però che si sappia che oggi la mafia e il crimine organizzato sono sconfitti ogni qual volta riecheggi nelle case o nelle strade la storia esemplare di Giuliano, così ispiratrice di coraggio, speranza e voglia di “fare il proprio dovere fino in fondo”, di superare le paure e oltrepassare i limiti, così umani, che ci appartengono. In conclusione riportiamo come tributo a Giuliano le parole che recita la concessione, il 13 Maggio 1980, da parte del Presidente della Repubblica della medaglia d’ oro al valore civile a Boris Giuliano augurandoci che tanti raccontino, a quanti più possibile, la sua preziosa storia.
«Valoroso funzionario di Pubblica Sicurezza, pur consapevole dei pericoli cui andava incontro operando in un ambiente caratterizzato da intensa criminalità, con alto senso del dovere e non comuni doti professionali si prodigava infaticabilmente nella costante e appassionante opera di polizia giudiziaria che portava all’individuazione e all’arresto di pericolosi delinquenti, spesso appartenenti ad organizzazioni mafiose anche a livello internazionale. Assassinato in un vile e proditorio agguato tesogli da un killer, pagava con la vita il suo coraggio e la dedizione ai più alti ideali di giustizia. Palermo, 21 luglio 1979». |
Gilda Angrisani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Ti piacerebbe entrare nella redazione di Voci di Città? Hai sempre coltivato il desiderio di scrivere articoli e cimentarti nel mondo dell’informazione? Allora stai leggendo il giornale giusto. Invia un articolo di prova, a tema libero, all’indirizzo e-mail entrainvdc@vocidicitta.it. L’elaborato verrà letto, corretto ed eventualmente pubblicato. In seguito, ti spiegheremo come iscriverti alla nostra associazione culturale per diventare un membro della redazione.