La notizia che era nell’aria da un bel po’ di tempo è ormai ufficiale: Chris Bosh non è più un giocatore dei Miami Heat, che lo hanno tagliato dal proprio roster in seguito ai problemi di salute del lungo ex Toronto Raptors (che continuerà a percepire lo stipendio), giunto presumibilmente al termine della sua avventura sui campi di NBA. La franchigia della Florida risparmierà 52,1 milioni di dollari per il suo ingaggio (25,3 per il 2017-2018, che permetteranno agli Heat di investirne 34 sul mercato dei free agent), liberando così spazio salariale per muoversi sul mercato. Approdato a Miami nel 2010, Bosh ha composto fino al 2014 un Big Three d’autore con Dwyane Wade e LeBron James, vincendo due titoli NBA e raggiungendo complessivamente per quattro volte le finali.
Selezionato con la quarta scelta assoluta al Draft 2003 dai Toronto Raptors (dopo LeBron James, Darko Miličić e Carmelo Anthony e prima del suo futuro compagno a Miami Dwyane Wade), Bosh riesce in poco tempo a dimostrare il suo enorme valore sul palcoscenico della NBA, mettendosi in luce per la sua grande personalità e per il suo enorme bagaglio di qualità tecniche piuttosto insolite per un giovane che si mette in gioco per la prima volta in un contesto del genere. Nel 2006-2007 offre un notevole contributo nella storica stagione dei suoi Raptors, che si piazzano al terzo posto ad Est ed arrivano primi nell’Atlantic Division per la prima volta nella loro storia, mentre il 3 gennaio 2010 diventa il miglior marcatore di sempre della franchigia canadese – superando Vince Carter – nella gara vinta per 91-86 contro i San Antonio Spurs all’Air Canada Center, grazie ai 22 punti messi a referto, con tanto di 15 rimbalzi, per una prestazione a dir poco memorabile che gli vale i complimenti del leader degli Speroni nonché detentore dell’MVP Tim Duncan e del suo ex compagno di squadra Roger Mason.
Al termine della regular season diventa free agent e si accorda con gli ambiziosi Miami Heat di Pat Riley, che nello stesso anno portano in Florida LeBron James, con le due superstar che vanno a comporre il trio delle meraviglie con Dwyane Wade. È una svolta significativa per la carriera di Bosh, che decide di abbandonare il numero 4 indossato a Toronto per scegliere l’1, utilizzato ai tempi del college in quel di Atlanta. I Miami Heat appaiono i favoriti principali per raccogliere l’eredità dei Los Angeles Lakers e laurearsi campioni, ma nelle finali ad avere la meglio sono i Dallas Mavericks di Dirk Nowitzki, che si impongono per 4-2. Va meglio l’anno successivo, in cui Bosh è uno dei protagonisti principali del trionfo degli Heat, autori di una sensazionale cavalcata culminata con la vittoria per 4-1 ai danni degli Oklahoma City Thunder.
Lo squadrone della Florida bissa il successo nel 2012-2013, stavolta ai danni dei San Antonio Spurs di Gregg Popovich: in questa stagione, Bosh è ancora una volta imprescindibile per il sistema di gioco di Miami e offre il suo apporto sia nella regular season, conclusasi al primo posto nella Eastern Conference con un record di ben 66 vittorie (di cui 27 consecutive) e sole 16 sconfitte, che nei playoff, dove gli Heat battono gli Spurs in gara-7. L’ala classe ’84 finisce sotto i riflettori in gara-6, in cui dapprima serve l’assist decisivo per la tripla del 95-95 di Ray Allen a circa cinque secondi dal termine del quarto quarto, poi stoppa Tony Parker e Danny Green nel finale dell’overtime, permettendo ai suoi di vincere per 103-100 e portare la serie sul 3-3. Dopo la sconfitta in finale dell’anno precedente, i San Antonio Spurs si vendicano dei Miami Heat nel 2013-2014, infliggendo loro un sonoro 4-1 nelle NBA Finals.
È l’epilogo dell’avventura in Florida del cosiddetto Big Three composto da Chris Bosh, Dwyane Wade e LeBron James, con quest’ultimo che decide di non rinnovare il proprio accordo con gli Heat per tornare alla corte dei Cleveland Cavaliers. In concomitanza con la partenza di The King, inizia il lento ma inesorabile declino di Bosh, che raggiunge comunque notevoli traguardi individuali (quota 16.000 punti in NBA e terza vittoria consecutiva dello Shooting Stars Competition all’All-Star Game). In estate si susseguono a lungo le voci circa un suo addio, con il lungo classe ’84 che appare a un passo dal trasferimento agli Houston Rockets, salvo poi rinnovare con gli Heat fino al 2019, per una cifra complessiva di ben 118 milioni di dollari. Dopo un avvio di stagione più che positivo, gli Heat incappano in una serie di risultati negativi, ma ne vengono presto fuori grazie all’apporto qualitativo sia di Bosh che di Wade, l’altra star del gruppo.
Nel mese di febbraio, CB1 accusa dolori a un fianco, che lo perseguitano sia durante l’All-Star Game che nel corso di un allenamento, e si sottopone a degli esami in ospedale, che evidenziano la presenza di coaguli di sangue all’interno dei polmoni. La sua stagione si conclude dunque con largo anticipo, dopo che l’intervento a cui si sottopone il 21 febbraio va a buon fine: l’assenza del significativo apporto di Bosh si fa sentire, i Miami Heat ne risentono pesantemente e falliscono la qualificazione ai playoff, a causa di numerose prestazioni sottotono e sconfitte inaspettate. Torna sul parquet nella prima partita della stagione 2015-2016, mettendo a referto 21 punti e 10 rimbalzi contro gli Charlotte Hornets, e il 23 gennaio supera quota 17.000 punti in NBA, agguantando la posizione numero 87 nella classifica dei migliori marcatori di sempre.
I problemi di salute, però, si ripresentano in occasione dell’All-Star Game, in programma a Toronto, città in cui ha mosso i suoi primi passi in NBA, a cui Bosh partecipa per l’undicesima volta consecutiva per difendere i colori della selezione di Est, venendo inoltre chiamato a prendere parte anche alla gara dei tiri da tre punti. Il classe ’84 è costretto a rinunciare ad entrambe le manifestazioni, chiudendo anzitempo la sua stagione dopo 53 partite giocate (media di 19,1 punti, 7,4 rimbalzi e 2,4 assist), nonostante contasse sulla possibilità di rientrare prima del termine della regular season. Dopo un’estate trascorsa tra dubbi, speranze e speculazioni, Bosh sembra pronto per il tanto agognato rientro sul parquet, ma non supera le visite mediche di rito ed è costretto a posticipare ancora una volta – se non ad abbandonare definitivamente – l’obiettivo di tornare a giocare.
Di fatto Bosh non ha mai messo piede sul parquet nella stagione da poco conclusasi e, pur continuando ad essere tesserato dai Miami Heat, ha lavorato come opinionista televisivo per TNT per poco più di un mese, prima che una delegazione di medici inviati dalla NBA gli comunicasse che i suoi problemi di salute gli avrebbero impedito al 100% di tornare a calcare i campi da basket. I Miami Heat lo hanno da poco tagliato dal proprio roster, con il presidente Pat Riley – con cui il rapporto era ormai logoro da tempo – che ha deciso di ritirare la maglia numero 1 indossata da Chris Bosh in Florida, in segno di rispetto, stima e gratitudine per uno dei principali fautori degli anni d’oro degli Heat, con i due titoli vinti nel 2012 e nel 2013. Nonostante appaia piuttosto complicato rivederlo in NBA, il ritiro dal mondo del basket professionistico è tutt’altro che scontato: Bosh è uno che non molla facilmente e proverà a fare di tutto per accasarsi con un’altra franchigia e sparare le ultime cartucce a sua disposizione.
Gli appassionati della pallacanestro sperano in un suo rientro per vederlo all’opera ancora per un po’ e il buon vecchio Chris, da leggenda intramontabile qual è, non ha intenzione di deluderli. A prescindere dal suo futuro, il percorso compiuto fin qui dal lungo di Dallas è di quelli che si definiscono eccezionali: quattordici anni in NBA (sette con i Toronto Raptors e altrettanti con i Miami Heat), due titoli vinti, undici partecipazioni all’All-Star Game e un titolo di campione olimpico vinto nel 2008 con gli Stati Uniti. Tra numerose indiscrezioni, più o meno veritiere, l’unica certezza è l’interruzione del rapporto tra Bosh e i Miami Heat, che dopo aver perso, nell’ordine, LeBron James e Dwyane Wade, salutano un’altra stella del suo brillante firmamento, forse la più luminosa.
Dennis Izzo
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