A quasi vent’anni di distanza dall’ultima volta, un esordiente alle ATP Finals ha vinto il Master di fine anno. A farlo, dopo Corretja nel ’98, è stato Grigor Dimitrov, tra l’altro in una finale con David Goffin tra due giocatori che non hanno mai disputato una finale a livello Slam, una prima volta assoluta nella storia dell’evento. Il bulgaro, arrivato al torneo tra i migliori otto della stagione come sesta testa di serie, ha compiuto il percorso netto, vincendo tutti i cinque match giocati, e issandosi così al terzo posto del ranking ATP, dal quale ripartirà tra poco più di un mese per l’inizio della nuova stagione tennistica.
L’evento londinese, per Grisha, rappresenta il punto più alto di una carriera iniziata con prospettive esaltanti e aspettative forse eccessive, per un ragazzo che sin dai primi passi tra gli juniores era stato etichettato come baby Federer, vista l’assonanza stilistica tra i suoi movimenti e quelli dell’infinito campione svizzero. Un paragone scomodo per tutti, che ha di fatto schiacciato sotto il suo peso il giovane Dimitrov, quasi mai all’altezza dei migliori nella sua prima parte di carriera, se si esclude la grande semifinale centrata a Wimbledon nel 2014, che sembrava poter essere il preludio a un futuro da star, almeno sull’erba e sulle superfici più rapide.
Negli anni, però, i continui cambi di allenatore, impugnatura e partner sentimentali (soprattutto la relazione con Maria Sharapova), non hanno fatto altro che destabilizzare Grigor, che un anno e mezzo fa era entrato in una spirale di pessimi risultati, tanto da scendere in classifica fino alla posizione numero 40 del ranking. Emblematica la finale del torneo di Istanbul, persa contro Diego Schwartzman dopo aver perso del tutto la testa, contro ogni abitudine del bulgaro, di solito particolarmente pagato nei modi.
Fondamentale, per la rinascita di Dimitrov, la figura di Dani Vallverdù, in passato già tecnico di Andy Murray – conosciuto quando entrambi erano giovani promesse – e Tomas Berdych. L’allenatore spagnolo ha reimpostato il gioco del classe 1991 su uno stile più fisico, per certi versi sicuramente meno simile a quello di Federer (del quale comunque resta l’esecuzione pulita), ma più efficace per un giocatore che non ha mai avuto il genio o il tocco di fino dell’elvetico. Lavorando molto sulle doti aerobiche, peraltro straordinarie, di Grisha, l’allenatore spagnolo gli ha consentito di compiere il salto di qualità in campo, e i risultati sono stati ampiamente raccolti in questo 2017.
L’anno solare si era già aperto al meglio sul cemento australiano, con il successo di Sydney e la semifinale all’Australian Open, forse il vero grande rimpianto di una stagione altrimenti da incorniciare. La sconfitta al quinto set con Nadal, al termine di una maratona di cinque ore, è rimasta nelle gambe e nella testa di Dimitrov per qualche tempo, ma con il trionfo di Cincinnati, il suo primo Masters 1000 in carriera, si è compiuto il riscatto, culminato in una chiusura di stagione che lo ha portato alle prime Finals e, con la vittoria in semifinale su Sock, uno dei giocatori più in forma del momento, al best ranking.
Di fatto, l’anno tennistico appena concluso parla di un giocatore al di sotto dei due dominatori della stagione, Federer e Nadal, che si sono equamente spartiti il bottino negli Slam e hanno cavallerescamente lasciato spazio agli altri nel Master, l’uno con una sciagurata sconfitta contro Goffin, l’altro ritirandosi dopo il primo match del round robin a causa del solito fastidio al ginocchio sinistro, che minaccia di creare ulteriori problemi nei prossimi mesi. Il prossimo anno, però, la concorrenza sarà ben più agguerrita, visto che Djokovic, Murray, Wawrinka e Nishikori si ripresenteranno ai nastri di partenza della stagione 2018 dopo aver messo alle spalle i rispettivi infortuni. Un banco di prova importante, per confermare i risultati e cercare di migliorare negli Slam, dove non è mai arrivato in finale.
Una menzione, infine, per lo sconfitto della finalissima, David Goffin. Il belga, dopo una carriera fino a questo momento di aurea mediocritas, ha raggiunto per la prima volta le Finals grazie alla grande continuità mostrata nel corso dell’anno e si è preso la soddisfazione di battere nello stesso torneo Nadal e Federer, sesto giocatore a farlo nella storia del tennis. Dopo la delusione di domenica, però, ha la possibilità di riscattarsi nella finale di Coppa Davis con la sua nazionale, contro la Francia di Pouille e Tsonga, in programma il prossimo weekend a Lille.
Francesco Nardi
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