«Se solo avessi avuto i denti laggiù»: sono state queste le parole dette da una donna sudafricana, pochi giorni aver subito violenza, espressione che ha fatto venire in mente alla dottoressa Sonette Ehlers un metodo antistupro davvero particolare. Il prototipo è stato lanciato sul mercato il 31 agosto del 2005 a Kleimond, in Sud Africa, ma in Europa non sembra essersene parlato molto, anche se nel vecchio continente europeo, lo Stato che si aggiudica il più alto tasso di violenze sulle donne è la civilissima Svezia, con 69 casi su 100mila abitanti. Dal Sud Africa, Paese con il tasso di stupri più alto in assoluto nel mondo (ogni 24 secondi una donna viene violentata), potrebbe giungere lo spunto da cui partire per trovare la soluzione che scoraggi tutti coloro malintenzionati a compiere un simile atto.
Il Rapex, detto anche condom antistupro, si infila nella vagina come un tampone ed è costituito interamente in lattice, con l’aggiunta però di alcune setole irsute che, attaccandosi al pene, possono essere rimosse solo con l’ausilio di un medico. Questo consentirebbe alla vittima di lasciare il suo aggressore dolorante per terra e avere il tempo di scappare. Il Rapex servirebbe, inoltre, anche a identificare il violentatore per infliggerli ulteriori pene previste dalla legge. Ad alcuni potrebbe sembrare una tecnica “medievale e barbarica”, come l’hanno definita i critici, ma la Ehlers ha risposto che «anche lo stupro è una rozza pratica che esiste sin da prima del medioevo». L’uso del Rapex è legale essendo uno strumento di autodifesa, risultando né letale, né fatale. I costi sono di poco superiori a quelli di un normale condom, accessibile, quindi, a tutti.
Roberta Ventura
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