Se pensate che le spose vestano di bianco solo perché questo è simbolo di purezza, vi sbagliate! Sin dal Medioevo, infatti, il matrimonio rappresenta sopratutto l’unione economica e politica di due famiglie, cosicché il giorno della celebrazione la donna deve apparire in tutta la sua lussuosa bellezza; solo i benestanti possono permettersi l’acquisto di stoffa colorata, quindi la sposa mette in luce il proprio status sociale con un vestito dalle tinte vivaci. Per fare un esempio, il blu è nella cultura dell’epoca espressione di purezza, mentre colori decisamente vietati sono il nero, espressivo di lutto, e il rosso, associato alle prostitute. Le classi meno abbienti, dal canto loro, cercano di stare al passo con la moda del ceto nobiliare, il cui mondo tanto invidiano e ammirano.
A dire il vero, la storia annovera l’isolato caso della regina Maria Stuarda, la quale ha scelto un abito candido come il latte per andare in sposa al marito Francesco II di Francia: la decisione è stata quanto mai singolare, se si pensa che proprio per la Corona francese il bianco è il colore del lutto.Decisamente maggiore risonanza ha avuto, invece, il matrimonio della regina Vittoria nel 1840. A quanto pare, l’ammirazione per la monarchia inglese sembra essere un fenomeno sociale che ci accompagna da secoli: le foto del chiarissimo vestito della monarca hanno fatto il giro del mondo, tutte le donne volevano essere come lei e, così, ha iniziato a dilagare una delle più grandi tradizioni della cultura occidentale.
Oggigiorno sembra che tale consuetudine stia gradualmente subendo una deviazione, tant’è che a piccoli dettagli colorati si stanno lentamente sostituendo interi abiti da sposa in tinta. Però, è importante tenere in mente che ad ogni sfumatura coincide un significato: il fucsia esprime ottimismo, l’avorio rivela vitalità, il verde è indice di timidezza, mentre il giallo denota scarsa autostima. La scelta dei colori, quindi, è bene non sia mai casuale.
Claudia Rodano
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