«La tecnologia dovrebbe migliorare la tua vita, non diventare la tua vita». La pensa così l’uomo d’affari americano Harvey Mackey, la cui opinione sul dilagare del progresso tecnologico sembra essere tutt’altro che positiva. In un’epoca in cui i computer e i dispositivi mobili stanno diventando così evoluti da sostituirsi alle persone, ci si chiede quali saranno le conseguenze che i nostri figli dovranno subire: in altre parole, in quale misura l’educazione verrà influenzata dalla tecnologia?
Secondo lo psicologo Peter Gray, ricercatore presso il Boston College, ciò di cui i bambini hanno bisogno non sono tanto i videogiochi, quanto i veri e propri giochi di gruppo all’insegna della creatività. Nel suo saggio Lasciateli giocare, che ha già riscosso enorme successo negli Stati Uniti e disponibile a partire dal 31 marzo anche nelle librerie italiane, Gray si rivela molto critico nei confronti del metodo educativo di scuole e genitori: i bambini non dovrebbero essere sottoposti al controllo continuo da parte di mamma, papà o tutori, e questi ultimi dovrebbero evitare di coinvolgere i ragazzi in attività sportive o extra-scolastiche che si ripetano ciclicamente. La routine è il peggior nemico della creatività e la scuola non fa altro che contribuire all’incremento del problema, dato che gli scolari sono obbligati a ripetere le stesse attività senza essere in grado di coltivare interessi particolari.
Peter Gray elogia, a tal proposito, le scuole meno rigide e più flessibili, citando la Sudbury Valley School del Massachusetts come esempio da seguire: qui, gli studenti dai quattro ai diciannove anni decidono i programmi da svolgere durante il corso della giornata e sono tenuti a rispettare soltanto alcune regole per il mantenimento dell’ordine. L’istituto forma da 45 anni centinaia di studenti, la maggior parte dei quali sono diventati grandi professionisti, proprio perché, secondo Gray, hanno affrontato le sfide quotidiane giocando e imparando attraverso questa pratica molto più dei coetanei costretti sui libri. Giocare permette ai ragazzi non solo di imparare a convivere con il resto del gruppo, sviluppando così delle importanti abilità sociali, ma anche a tenere a bada le proprie emozioni. Il bello del gioco sta nella sua spontaneità, nel fatto che si smetta quando non si ha più voglia di farlo, fattore molto importante mediante cui i bambini possano trovare un equilibrio senza la presenza di un genitore.
L’unico modo affinché i figli diventino responsabili è quello di esporli ai rischi: rischiare che si sporchino, che si sbuccino le ginocchia o che si trovino ad affrontare situazioni complicate. La protezione totale da parte dei genitori non fa altro che alimentare nei piccoli l’ansia, fardello che potrebbero portarsi dietro tutta la vita. Uno smartphone o un tablet, insomma, non possono sostituirsi a un genitore o a un amico, e neanche a un nemico.
Claudio Pennisi
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