BOLOGNA – Nel 2003 a Torino, l’imprenditore Guido Martinetti e il ragioniere Federico Grom, giovanissimi ragazzi pieni di sogni e speranze, si incontrarono fondendo le loro idee d’innovazione nell’italianissimo campo della produzione di gelati artigianali, dando vita ad una piccola azienda che oggi è conosciuta in tutto il territorio nazionale e all’estero con il nome Grom. Un inventore, o meglio, un bravo inventore non è solo figlio del suo tempo e perfettamente calato nella contemporaneità, ma è anche colui che, in modo lungimirante, è in grado di anticipare i tempi e pensare con uno sguardo già posato sul futuro. Il punto di forza dei due ragazzi fu, infatti, più di 10 anni fa, puntare sulla qualità e la naturalezza dei prodotti, dalle uova biologiche all’acqua di montagna, dalla frutta stagionale alla teoria dello Slow Food, unmovimento culturale nato in Italia negli anni ’80 che reca i principi fondamentali del viver sano: «La vita veloce che sconvolge le nostre abitudini ci assale fin nelle nostre case, ci rinchiude a nutrirci nei fast food… proponiamo il vaccino di un’adeguata porzione di piaceri sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento… se la fast life ha modificato la nostra vita e minaccia l’ambiente e il paesaggio, lo Slow Food è oggi la risposta d’avanguardia»; questo circa 30 anni prima che a Milano iniziassero i lavori per quell’EXPO che promuove i naturali cibi caratteristici del mondo come l’energia per il nostro pianeta. Da queste nobili premesse nacque a Torino la prima gelateria Grom, che oggi vede il suo logo in 34 città italiane (e Bologna è stata tra le prime) e addirittura all’estero, da Dubai a Giacarta, da Parigi a New York.
Nei primi giorni di Ottobre 2015, la società venne acquistata dalla multinazionale ango-olandese Unilever, proprietaria di diffusissimi marchi alimentari e casalinghi, la maggior parte dei quali, però, di dubbia qualità e produzione. La paura, dunque, sarebbe quella che un prodotto italiano come il gelato Grom possa essere contaminato dalla realtà di una multinazionale che, come tutte le grandi aziende, pone il fatturato alla base dei suoi principi. Certo è che la ditta Grom, dopo la cessione, è comunque rimasta autonoma e gestita dai suoi fondatori che assicurano di far brillare il nome dei prodotti italiani di qualità, laddove la quantità non può che rimanere in secondo piano se si vuole continuare a far risplendere il prodotto italiano a livello mondiale.
Luca Occhilupo
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