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Disturbi alimentari tra storia e moda
12 Ottobre 2014
Pillole di AsclepioSocietasPentole e padelleAfter Big Bang

Disturbi alimentari tra storia e moda

Home » After Big Bang » Pillole di Asclepio » Disturbi alimentari tra storia e moda

Il 2014 è l’anno del butt implant, la moda d’oltreoceano che consacra l’idea di un fondo schiena eccessivo e sporgente abbinato ad un girovita sottile. Lo strumento ginnico promosso dalle star americane per ottenere questo risultato è lo stesso che era in voga tra le signore del 1500, ossia il corsetto. Quest’ultimo, infatti, deforma la struttura del busto femminile perché lo comprime; sia la massa addominale esterna che l’insieme degli organi interni si spostano verso il basso a causa della pressione, gonfiando così la parte inferiore del tronco. La tendenza odierna non è, quindi, così innovativa. Non a caso, il mondo della moda è costellato di donne, le quali hanno costretto il proprio corpo in vere e proprie impalcature per simulare una versione accentuata del cosiddetto fisico a clessidra. Si pensi alla regina Maria Antonietta, che attraversava di profilo le porte a causa della larghezza degli abiti lungo i fianchi. Basta, inoltre, rievocare l’immagine delle sorellastre di Cenerentola nel celebre capolavoro Disney per comprendere quanto l’idea di un sedere “pompato” fosse già consolidata nell’Ottocento.

Ma cosa spinge una persona a sottoporsi a regimi così debilitanti e costrittivi? Il bustino, inizialmente prodotto in metallo, è stato imposto al gentil sesso fino agli inizi del XX secolo come sussidio all’ossatura, ritenuta più fragile di quella maschile. Un’altra risposta possiamo ricavarla dalla vicenda di Ethel Granger: la donna in questione volle soddisfare le aspettative del marito scolpendosi un punto-vita da record di 33 cm. Sono, dunque, le pressioni culturali a fomentare l’ossessione per il fisico nel genere femminile. Per gli uomini, invece, il disturbo alimentare si innesca durante il traumatico passaggio al mondo degli adulti. Non a caso, Senofonte ci ha tramandato il fenomeno di giovani colpiti da fame incontenibile perché oppressi dalle responsabilità della spedizione di guerra; da questa “fame da bue” è stato coniato il termine bulimia in accezione diversa da quella moderna. Tuttavia, bisogna tenere a mente che il culto della conformazione fisica è molto mutato nei diversi contesti storici e culturali.

Enrico VIIIIn riferimento alle funzioni vitali dell’individuo, il grasso è un elemento fondamentale nelle donne durante l’allattamento, mentre negli uomini si rivela alleato importante nel caso in cui si svolgano lavori pesanti. Ancora oggi, infatti, in Africa centrale si consumano cerimonie, nel corso delle quali i neopuberi vengono rinchiusi in capanne e messi all’ingrasso. Non meno importante è l’aspetto economico: a fronte delle numerose carestie, nel mondo antico il sovrappeso è stato sempre uno status symbol delle classi abbienti, ammirate da chi moriva di fame. Anche l’ideologia di fondo adottata da una comunità gioca un ruolo notevole: così era nell’antica Grecia, in cui si contrapponevano i panciuti cittadini della filosofica Atene ai muscolosi atleti dell’agguerrita Sparta. Negli ingordi banchetti dei patrizi romani, poi, gli uomini erano soliti rigurgitare in appositi vomitorium, così da avere spazio per ingerire altro cibo; segno di buona educazione era, inoltre, il rutto finale, parametro di gradimento del pasto. All’apice dell’impero di Roma, l’importanza di una donna era proporzionale alla sua abbondanza. Il binomio sovrappeso-austerità si propaga nei secoli sino ad Enrico VIII e Caterina La Grande, divenuti sempre più imponenti nell’età adulta. Da citare è anche il caso del filosofo Hume, che nel 1731, dopo un’abbuffata, assunse un aspetto «robusto, gagliardo e pieno di salute»: tutti si complimentarono, poiché l’obesità era intesa come forma di guarigione dalla triste e malata magrezza. E lo stesso presidente americano Theodore Roosevelt soppiantò il giovanile aspetto da pugile con un’obesità ampiamente apprezzata dai suoi contemporanei.

Diversa origine e fortuna ha invece il digiuno, di cui è fatto ampio uso nelle diverse religioni. Sul finire del XVIII secolo, anche l’eccesso di studio si scoprì essere causa emotiva dell’anoressia. Mentre in epoca vittoriana si parlava in generale di isteria gastrica, Freud ravvisò nella anorexia il preludio ad un comportamento sessuale deviato dell’uomo. Particolare rilievo hanno assunto dal Medioevo al Novecento anche gli scheletri viventi, altrimenti conosciuti come gli artisti della fame. Questi uomini facevano sfoggio della propria magrezza a scopo di lucro e venivano ammirati per la loro forza d’animo. Sorte avversa trovavano al contrario le donne ascetiche, additate come streghe poiché la lotta al naturale istinto della fame era ritenuto artificio del demonio. Così, in ciascun ambiente sociale un certo aspetto fisico, nonché determinate abitudini alimentari e dietetiche, continuano finora ad assumere un “peso” diverso per i singoli individui e per la collettività che li circonda, in base alla mentalità e ai costumi più diffusi.

Claudia Rodano

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