Ogni anno tende a crescere considerevolmente il numero di denunce la cui motivazione riguarda le molestie sessuali subite. Al fine di limitare tali casi, sono nate le app antistalking, scaricabili dalle varie piattaforme digitali più o meno gratuitamente e che contribuiscono a rendere sicuro il diritto ad una vita sociale senza complicazioni di sorta.
Annualmente, un italiano su 5 è vittima di molestie sessuali: stalking, violenze fisiche e quant’altro. Il 75% di questi cittadini è costituito da donne, che tuttavia spesso non denunciano il molestatore per paura di rimanere sole durante le indagini, di non essere credute o di essere addirittura uccise. Così, molte donne nel nostro Paese rinunciano ad uscire da sole la sera per paura di essere seguite, adescate con l’inganno e violentate. I genitori italiani, proprio come una volta, non si sentono sicuri di sapere figlie e figli fuori casa, e vorrebbero avere un controllo maggiore – o quantomeno essere sempre a conoscenza di dove sia la propria prole. Per tali ragioni la tecnologia, continuamente protagonista di nuove scoperte, si è resa utile anche in questo campo, ideando un metodo che serva a contrastare, almeno in parte, i malintenzionati: le app antistalker. Fra quelle in circolazione, ecco le più utilizzate:
– Whooming: permette di conoscere il mittente delle chiamate ricevute, molto spesso con il numero sconosciuto. La versione 2.0 – fatta uscire appositamente il 25 novembre 2014, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne – autorizza inoltre a registrare la chiamata o a tradurla in cifre nel caso la si rifiuti, inserendola nel registro chiamate del proprio smartphone;
– Kitestring: mediante un’impostazione oraria – ogni 30 minuti, ogni ora, ogni 5 ore –, l’app invia un messaggio per chiedere come va a chi è in possesso di un dato telefonato. Quest’ultimo è tenuto a rispondere, in modo tale che, se il dispositivo non dovesse ricevere alcuna risposta, contatterà immediatamente i numeri di emergenza impostati precedentemente, per dare l’allarme. Per evitare che qualcuno disattivi il servizio, è possibile inserire un codice segreto, noto solo al possessore dell’app;
– OnWatch e Circleof6: attraverso il segnale GPS, con tali app è possibile geolocalizzare istantaneamente la persona in pericolo, avvisandone i parenti, gli amici ed eventuali soccorritori;
– Scream Alarm!: app munita di un allarme per mezzo di cui è possibile spaventare coloro che hanno cattive intenzioni;
– Hollaback: permette di documentare in tempo reale le molestie subite. In qualsiasi luogo siano avvenute, le suddette vengono anche registrate su una mappa a cui potrà attingere un gruppo numeroso di persone;
– Bsafe: molto simile a OnWatch e Circleof6, anch’essa consente di geolocalizzare il malcapitato, inviando immediatamente a una serie di contatti un allarme di richiesta di soccorso;
– Nirbhaia: solo scuotendo il cellulare, viene trasmesso un segnale di S.O.S. ai propri contatti. Questa applicazione permette ulteriormente di registrare file audio e video che attestino e confermino la minaccia ricevuta;
– Street Safe: ha il compito di segnalare quali siano i luoghi più sicuri della propria città, stabilendo inoltre un collegamento diretto con le forze dell’ordine in caso di emergenza;
– Cab4me: questa app consente di chiamare un taxi sicuro, nel caso se ne voglia prendere uno per rientrare a casa di notte o in altri orari poco frequentati;
– infine, per chi abita però negli Stati Uniti, è stata implementata l’applicazione Sex Offender Search, che individua i posti dove sono situate persone imputate di crimini sessuali, facendo sì che il possessore dell’app si tenga lontano da quei luoghi.
Il fatto che molto spesso le donne siano lasciate sole a combattere contro il proprio stalker costituisce l’input da cui scattano numerose le violenze. Bisognerebbe dare più attenzioni a chi sporge una denuncia simile e credere maggiormente a determinate richieste d’aiuto. È sempre meglio rischiare di imbattersi in una presa in giro che nell’ennesimo atto di violenza, di stupro o di femminicidio.
Anastasia Gambera
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