Che la TV abbia perso quel poco buon senso che le rimaneva è ormai una certezza. Sempre alla ricerca di una spettacolarizzazione della vita che, a volte, mette a rischio persino la vita dei protagonisti dei programmi televisivi. L’ultimo caso è quello del reality show australiano Go back to where you came from, diretto in Siria.
Il programma televisivo, un misto tra Grande Fratello e un documentario giornalistico, si proponeva di far vivere ai concorrenti un’esperienza di trincea, portandoli sulle strade battute dai siriani in fuga dalla guerra, per poi mandarli in onda sul canale TV australiano SBS. Ma come si può pensare di organizzare un reality show girato in Siria e non pensare al fatto che i concorrenti possano finire sotto il fuoco dei jihadisti?
Il reality prevedeva il loro ingresso dall’Iraq e la tappa in un campo rifugiati per raccogliere prima e documentare poi le storie dei sopravvissuti. Ma non tutto è filato liscio per i tre concorrenti Kim, Nicole e Andrew che si sono trovati nella condizione di dover correre ai ripari durante uno scontro a fuoco tra jihadisti e peshmerga dell’YPG mentre la troupe transitava in un villaggio conteso della Siria. Come racconta Nicole a un’intervista per news.com.au: «Ci siamo ritrovati in un villaggio conteso tra peshmerga e ISIS. Ci hanno detto che ogni sibilo percepito poteva essere il colpo di un mortaio e che avevamo trenta secondi per fare cento metri e spostarci». Fortunatamente nessuno dei concorrenti o della troupe è rimasto ferito e lo show è continuato senza troppi “problemi”.
A difesa dello show arrivano i produttori che dichiarano: «I concorrenti sono stati preparati ad affrontare una situazione del genere». Intanto, vi è polemica sulle protezioni in dotazione ai concorrenti. Un ex ufficiale dell’esercito, Justin Bowden, ha fatto notare al Sidney Morning Herald che ai tre australiani non è stato dato nemmeno un elmetto protettivo.
Ciro Pappalardo
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