ASCOLI – Ogni coppia è bella sua a suo modo e ogni anima si lega all’altra per i motivi più disparati. Silvestro De Angelis e Valeria, ad esempio, non hanno perso quella luce che alberga nel cuore di ogni bambino, cioè la voglia di giocare insieme; cos, quando decidono di convolare a nozze, capiscono che il modo migliore per condividere la loro felicità è regalare un pizzico della scintilla che li unisce a tutti i presenti. Tra i due è lui il vero appassionato della saga de Il Signore degli Anelli, ma l’idea di profumare il fatidico giorno con l’elfica aria della Terra di Mezzo viene dalla sposa. Perciò, i fidanzati più fantasiosi d’Italia si armano di una temerarietà degna di Frodo e iniziano l’impresa che da lì a un anno li porta al matrimonio dei loro sogni. La prima tappa è Villa Cicchi, un’antica residenza nobiliare delle Marche immersa nella natura: la coppia decide che sarà questa la loro Contea, il bucolico giardino dove pronunciare il fatidico sì.
Ma il viaggio verso l’altare è messo a dura prova quando i due innamorati si “incamminano” alla ricerca degli abiti perfetti; dopo aver girovagato tra siti internazionali e sartorie, alla fine in loro soccorso arriva con i suoi spilli scintillanti (che nulla hanno da invidiare alla spada di Aragorn) Catia Mancini, la quale cura la creazione di abiti per lo spettacolo e cinematografici dal 1991. Il Sauron della situazione, forgiatore degli Unici Anelli, si muove nell’ombra: Silvestro, infatti, si è limitato a dire: «scoprimmo dal nulla che c’è una piccola azienda italiana che avrebbe realizzato proprio quello che volevamo». Infine anche cibo, partecipazioni e bomboniere sono stati magistralmente studiati per riprodurre il mondo ideato da Tolkien. Il sacerdote chiamato a presenziare la cerimonia non ha rinunciato alla sua toga sacra, a differenza di quanto avvenuto poco tempo fa in Inghilterra, dove un realistico Gandalf il Grigio ha dichiarato marito e moglie una coppia che, vestita rispettivamente da Hobbit e da elfo, ha realizzato in un verde giardino le case dei “mezzuomini”.
Possiamo immaginarli già anziani, ingrigiti e ricurvi a far scenate di gelosia reciproca o ad inveire contro alcuni mascalzoni che si sono intrufolati in casa loro: «Ladri. Ce l’hanno tolto, rubato. Uccidili. Uccidili! Uccidili tutti e due! Aaah!» grugnirebbe lei, ma il marito striderebbe «Cosa dice il mio Tesoro, il mio caro?» per sentirsi, infine, rispondere con grandi occhioni languidi «Smeagol li vuole vedere… morti. Dobbiamo prendere il Tesoro. Dobbiamo riprenderlo. Il mio… Tesssoro».
Claudia Rodano
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