1999: ha inizio la seconda guerra cecena. L’esercito della Federazione Russa lotta contro i separatisti. Il risultato è un groviglio di macerie, dolore e disperazione; dramma nel dramma, i bambini coinvolti in questo orrore sono i più innocenti, i più indifesi tra le vittime di un’assurdità chiamata guerra che travolge e sconvolge i corpi umani.
Dopo all’enorme successo del suo precedente film The Artist (premio Oscar miglior film 2012), il regista Michel Hazanavicius (premio Oscar al miglior regista 2012) ne recupera la protagonista femminile Bérénice Bejo nella pellicola attualmente in sala The Search, ma cambiando totalmente prospettiva per raccontare il dramma della Cecenia. Ne viene fuori un film che riesce a coniugare impegno e passione. The Search, in effetti, si incentra sulla storia di un bambino di 9 anni, Hadji (interpretato da Abdul Khalim Mamutsiev), che dopo aver assistito al massacro dei suoi genitori riesce a salvare il fratello neonato e a fuggire dal proprio villaggio. Mentre vaga per strada incontra Carole (Bérénice Bejo), capo delegazione dell’UE per i diritti umani. Nel frattempo Raïssa, la sorella maggiore anch’essa sopravvissuta, cerca disperatamente i fratelli tra la folla dei rifugiati.
I personaggi, straordinari per verità psicologica, vivono tutti in povertà: sopravvivono con espedienti, furti, illegalità e – nel caso dei militari dell’esercito russo – crimini. Le loro sono tutte storie apparentemente individuali, ma che, nella sostanza, diventano esemplificative di una condizione universale del vivere umano. Corpi, volti e oggetti sono i veri protagonisti. Corpi stremati e infreddoliti; il corpo del militare; corpi di bambini imberbi, come quello di Hadji, da “angelo proletario”; corpi spezzettati, frammentati dalla macchia da presa che ossessivamente li tallona e li bracca. Occhi smarriti nell’assenza; visi attoniti, mani che scavano e rubano; volti dolorosi, che interrogano lo spettatore e il mondo in una continua sineddoche di grande forza espressiva.
La fenomenologia è veloce, fisica, si dipana davanti ai nostri occhi e fa della concretezza uno degli elementi visivi che, come sempre, più colpiscono nelle pellicole di Hazanavicius. Il regista si è sforzato di mostrare il pensiero sito dietro l’azione, scoprendo l’interiorità psicologica dei personaggi e inducendo il pubblico a osservare ogni cosa con i loro occhi e ad identificarsi con loro. Soffrire insieme, personaggi e spettatori, “con-patendo” la stessa sorte: ecco il fine di tale originale modo di raccontare lo spaccato di vita di persone vinte.
Quella che in apparenza può sembrare solo una ricerca fenomenologica del tutto raccolta in una cifra descrittiva, di fatto diventa una parabola spalancata sul versante etico e metafisico. Hazanavicius sente la necessità di rifondare lo sguardo del cinema sia dal punto di vista estetico che etico. Così, in questo film realtà e simbolismo convivono all’unisono in una dimensione di profonda naturalezza: Hadji è solo; la sua è la solitudine della colpa, che lo spinge a confrontarsi con sé stesso, con il mondo della guerra e con la propria coscienza, portandolo a un travaglio interiore che si traduce nel corso della vicenda nella compagnia di Carole. Il cinema di Hazanavicius è, in breve, il cinema dell’alterità per eccellenza, ma anche della pietà, della comprensione, del perdono e della prossimità.
Enrico Riccardo Montone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Ti piacerebbe entrare nella redazione di Voci di Città? Hai sempre coltivato il desiderio di scrivere articoli e cimentarti nel mondo dell’informazione? Allora stai leggendo il giornale giusto. Invia un articolo di prova, a tema libero, all’indirizzo e-mail entrainvdc@vocidicitta.it. L’elaborato verrà letto, corretto ed eventualmente pubblicato. In seguito, ti spiegheremo come iscriverti alla nostra associazione culturale per diventare un membro della redazione.