Tratto dal romanzo di Emma Donoghue, Room è uscito nelle sale cinematografiche il 3 marzo, con la regia di Lenny Abrahamson, il Premio Oscar Brie Larson e il giovanissimo Jacob Tremblay.
La recente Notte degli Oscar, tenutasi il 29 Febbraio scorso a Los Angeles, ha visto Brie Larson, nei panni di Joy, vincitrice del premio come Miglior Attrice Protagonista per la pellicola Room, diretta da Lenny Abrahamson, confermando così l’aspettativa di molti. A recitare al fianco dell’attrice c’è Jacob Tremblay, di appena nove anni, nel suo primo ruolo da protagonista, anch’esso fortemente acclamato per la sua ottima interpretazione.
Il film racconta la storia di Joy che, all’età di 17 anni, viene rapita da un uomo e rinchiusa in una stanza posta in un capanno degli attrezzi. Il suo unico “contatto” con l’esterno è la luce che filtra dal lucernario, poichè l’ambiente è chiuso ermeticamente da una porta con un codice segreto, a lei naturalmente sconosciuto, che la apre. Trascorrerà in quella prigione ben sette anni, subendo continue violenze dal suo aguzzino – nel film chiamato Old Nick – dal quale avrà anche un figlio, Jack, di cinque anni al momento dell’inizio della narrazione. La storia è suddivisa in due parti: una prima che racconta come i due affrontano la vita in quel poco spazio a disposizione e, una seconda, dove riescono finalmente a fuggire e tornare nel mondo. La straordinarietà di questo film, e la fantastica recitazione dei due attori, sta nel descrivere tutto questo secondo il punto di vista del piccolo Jack (che spesso è anche voce narrante), nato e cresciuto in quel bunker e a tratti perfino spaventato da quello che vi era al di fuori. Per lui il mondo era Stanza, con tutti gli oggetti che essa aveva, mentre il resto era tutta finzione. Punto focale della narrazione è anche l’attenzione posta sul forte rapporto creatosi tra il bimbo e la madre, sul profondo legame che li tiene uniti e sulla forza che, a vicenda, si trasmettono. Una sceneggiatura drammatica, con momenti anche di suspense, “affievolita” però dall’innocenza e dalla semplicità con cui un bambino è in grado di percepire la vita, riuscendo ad essere il motivo principale per cui, poi, una madre non “molla mai”. Pellicola dai risvolti psicologici leggermente nascosti (ma comprensibili) grazie anche a Joy che inventa un mondo di fantasia, libero da orrori, per aiutare Jack a crescere in serenità e proteggerlo da un futuro decisamente incerto e doloroso. Emerge così anche la figura di una madre che, una volta liberatasi dalla terribile prigionia, deve fare i conti con la realtà e con il ritorno in una società di cui lei non n’è più partecipe, ritornando ad una vita che credeva ormai lontana.
La storia descritta si ispira al romanzo Stanza, letto, armadio, di Emma Donoghue pubblicato nel 2010, che racconta appunto la storia analoga al film. A sua volta il libro della Donoghue riprende, in linea generale, i fatti realmente accaduti, nell’aprile 2008 in Austria, conosciuti con il nome de “Il caso Fritzl”, in cui un padre rinchiuse la figlia in un bunker sotto casa, abusando di lei per 24 anni, e da cui ebbe sette figli. Evento sicuramente brutale e a tratti surreale ma che, per fortuna, si è concluso con la liberazione definitiva e, ci si augura, con la speranza di tornare a vivere davvero una vita normale.
Sofia Bonomo
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