L’87a edizione degli Oscar è stata il trionfo del cinema d’autore. I Premi Oscar 2015, condotti da Neil Patrick Harris, hanno confermato tanto le previsioni di alcuni critici quanto quelle dei cinefili. A trionfare è stato, come era ampiamente pronosticabile alla vigilia, Birdman (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza), del regista messicano Alejandro González Iñàrritu, presentato per la prima volta alla 71ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nel 2014. Il film, con protagonista Michael Keaton che interpreta Riggan Thomson, tratta di un’ex stella del cinema in cerca di una nuova ondata di notorietà, che sceglie di allestire una commedia a Broadway; un film magmatico, gioiosamente ridondante, tracimante vita ed ambizione, il quale mostra al contempo il forte senso di smarrimento sociale e morale percepiti dall’uomo moderno in un’ambientazione meta-teatrale che rimanda a certo cinema sperimentale. Pellicola con ben nove nomination, è riuscita ad ottenerne quattro, ma tutte di peso: miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura originale, miglior fotografia.
Anche per Grand Budapest Hotel, del regista Wes Anderson, 9 candidature e 4 Oscar per lo più tecnici: miglior costumi all’italiana Milena Canonero, che alza il suo quarto Academy Award (dopo Barry Lyndon, Marie Antoinette e Momenti di Gloria). La costumista dal palco ha ringraziato il regista, affermando: «Grazie Wes, questo è per te. Sei stato una grande ispirazione, sei come un direttore d’orchestra»; in ultimo il film ha ottenuto gli Oscar come miglior scenografia, miglior trucco e miglior colonna sonora ad Alexandre Desplat.
Come da previsioni, Julianne Moore riceve finalmente il suo primo Oscar per la sua sensibile e misurata interpretazione di una donna malata di Alzheimer precoce in Still Alice,diretto da Richard Glatzer e Wash Westmoreland. Il Premio Oscar al miglior attore protagonista va, invece, a Eddie Redmayne, magnifico astrofisico Stephen Hawking vessato dalla sclerosi laterale amiotrofica ne La teoria del tutto del regista James Marsh. La malattia ha colpito il cuore dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences. Un’altra grande rivelazione è stata l’attrice Patricia Arquette, che dopo i Golden Globe e i BAFTA festeggia ancora: Oscar come miglior attrice non protagonista per la coraggiosa madre single di Boyhood, film che avrebbe meritato di più. Diretto dal regista Richard Linklater, è un piccolo gioiello di onestà e spensieratezza, uno dei più importanti esperimenti cinematografici del nuovo millennio. Quel che conta in questo film è il passare del tempo, il mostrare la vita umana mentre si svolge senza rinunciare alla forza comunicativa di un corpo vero che invecchia.
A Jonathan Kimble Simmons va il Premio Oscar per il miglior attore non protagonista per Whiplash, del giovane regista Damien Chazelle; la bravura di quest’ultimo sta nell’aver usato incontro e scontro con un allenatore/maestro, che incute il timore del sergente istruttore Hartman di Full metal jacket per condurre lo spettatore nel processo di miglioramento individuale di un musicista che cerca di emergere, unendo così un forte umorismo ad una contagiosa tensione verso la vittoria. L’oscar al miglior film straniero va, invece, al polacco Ida di Pawel Pawlikowski. E nel mondo dell’animazione trionfa la Disney: Big Hero 6 di Don Hall e Chris Williams. Per quanto concerne i documentari, ha poi la meglio CitizenFour, lungometraggio diretto da Laura Poitras, Mathilde Bonnefoy e Dirk Wilutzky incentrato su Edward Snowden, ex tecnico della NSA e della CIA, che ha rivelato diverse informazioni su programmi di intelligence secretati. Il tanto decantato e discusso American Sniper di Clint Eastwood riceve, invece, solo un Oscar tecnico per gli effetti sonori.
Quest’edizione degli Oscar ci ha consegnato alcuni momenti toccanti. In primo luogo Graham Moore, premiato per la migliore sceneggiatura non originale di The Imitation Game, film che celebra Alan Turing (matematico ed eroe di guerra condannato per la sua omosessualità) ha ricordato di quando a sedici anni aveva pensato al suicidio perché si sentiva “strano” a causa del suo “diverso” orientamento sessuale. In secondo luogo, eccezionali le commemorazioni di Mickey Rooney, Robin Williams, Gabriel García Márquez, Paul Mazursky e tanti altri grandi artisti spentisi nell’ultimo anno. Fra questi, la nostra meravigliosa Virna Lisi, accanto all’indimenticabile e indimenticato maestro del cinema italiano Francesco Rosi.
Enrico Riccardo Montone
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