CATANIA – L’affluenza delle persone non lascia dubbi sull’apprezzamento della fiera Etna Comics nella cittadina etnea. Il tema di quest’anno è incentrato nell’hashtag ufficiale #backtothefantasy, cioè ritorno alla fantasia, che al meglio espone il mondo in cui si entra varcando i cancelli de Le Ciminiere che ospitano l’evento. Don Alemanno, creatore del fumetto Jenus, è stato chiamato a ideare il manifesto di quest’anno, forte del successo personale ricevuto nell’edizione scorsa, mentre la guest star Rutger Hauer, padrino dell’edizione 2015, ha tagliato il nastro d’apertura insieme al sindaco Enzo Bianco. Come ogni anno è stata chiamata anche una band per aprire la serie di concerti che avranno luogo in questi giorni, scelta ricaduta sui Gem Boy.
Il gruppo musicale, un misto tra parodia e citazione cartoon, ha creato un vero e proprio trend dei quali loro stessi si definiscono pionieri. La location dell’Etna Comics li ha ospitati per la prima volta, ma subito i musicisti hanno introdotto con sé l’atmosfera ironica a cui hanno fatto abituare i propri fan; così arrivati in conferenza, avvenuta nella Sala Polifemo, l’ironia ha preso il sopravvento sul dibattito, confermando la fama dei Gem Boy di ragazzi semplici e sempre disponibili a strapparti un sorriso. Poco si è parlato del concerto che li vedrà protagonisti poche ore più tardi, di cui era stata presentata solo in linea generale la scaletta, mentre le domande curiose su di loro fioccavano dopo aver dichiarato di fare la prima conferenza stampa che si potesse definire tale. A rispondere a nome del gruppo il cantante e compositore dei Gem Boy, Carlo detto “CarlettoFX”.
Per chi non conoscesse la vostra musica, come la descrivereste?
«Per facilitare le cose si va sulla parola demenziale, che vuol dire tutto e vuol dire niente, possiamo definirci i creatori della parodia musicale, ma dovreste chiedere ai fan, non saprei dirti».
Come sono nati i Gem Boy a livello musicale e da dove nasce questo nome?
«Le cose più belle nascono per caso e noi siamo nati per gioco. Eravamo io, Mirko (che poi è andato via) e Giacomo». Scatta la perplessità nei volti del pubblico, però CarlettoFX lo tranquillizza: «Sta bene eh! Ma è diventato un Testimone di Geova, una storia stranissima, sembra una gag ma non lo è – continua nella spiegazione – perché poi io e lui abbiamo cominciato a sfottere i nostri amici con queste canzoni bruttissime… io stonavo e lui suonava male, solo dopo abbiamo cominciato a generalizzare e a prendere in giro con argomenti che potevano colpire il popolo. Riguardo al nome, la tastiera di Giacomo era una Gem e da lì, siccome i Digital boy non usavano la S per il plurale, nonostante fossero un duo, abbiamo scelto Gem Boy; era un nome di merda, l’ho scritto in una sola cassettina ed è rimasto sempre quello. Tante volte abbiamo cercato di cambiarlo, ma alla fine suonava troppo bene e l’abbiamo tenuto». Sempre in chiave ironica Carlo aggiunge: «Molti che si sentivano scienziati si sono messi a studiare il nostro nome, pensano tutt’oggi che sia l’unione di Goldrake e Mazinga», mentre alla curiosità di una fan che si vede indicare dal gruppo, Carlo risponde: «Gli altri chiedono il tuo numero, ma non penso si riferissero a quello delle scarpe».
Continuando sull’ironia manifesta nella Sala Polifemo, un componente stesso della band si traveste da curioso per domandare, suscitando una risata generale: «Uno dei pezzi più famosi è Pandora, cosa ci puoi dire di questa canzone?»
«C’è qualcuno che pensa che “Pandora” sia dei Gem Boy? Avete capito tutti: “Hanno ucciso l’asinello”, “Brutta troia” e “Pandora” non sono dei Gem Boy; purtroppo qualcuno su internet le ha fatte passar per nostre, perché ci siamo fatti questa nomea della parodia; quindi la sfiga è che vengono ai concerti e ci dico “bravissimi però non avete fatto Pandora” oppure gridano “Pandoraaaaa” e ogni volta dobbiamo fermare il concerto e spiegare… a volte abbiamo cercato di scioglierci per questa cosa, però andiamo avanti».
Come siete passati dall’idea di prendere in giro gli amici a quella di prendere di mira gli anime e i cartoni animati, in particolare Cristina D’Avena? La maggior parte delle canzoni cantate sono sue.
«Perché con gli amici non ci cagava nessuno! – in sala scatta un applauso fragoroso – Gli amici erano molto contenti di non essere più le vittime delle canzoni, ci siamo detti dai colpiamo qualcuno di famoso, quindi il passaggio è stato semplice».
Com’è cambiata la vostra vita con l’aumento di popolarità che vi ha portato fino in televisione?
«Cioè, non puoi capire guarda, non possiamo più andar a fare la spesa che ci chiedono i selfie, poi magari ci scambiano per altri, anche prima fuori c’hanno fermato: erano quelli con la macchina con le luci lampeggianti, ci han fermato e ci hanno riconosciuto, hanno voluto l’autografo su un foglio giallo».
Per il futuro avete in mente di cambiare la vostra tradizione, le vostre tematiche?
«Cioè, se vogliamo cominciare a fare canzoni serie? Non abbiamo idea, cioè no, non abbiamo in mente di cambiare tematiche, tutto gira intorno a quello; purtroppo, come entrando nel triangolo delle Bermuda, tutti ci si perdono dentro»
Avete avuto modo di conoscere Cristina D’Avena?
«Cristina D’Avena l’abbiamo conosciuta perché abita nella nostra stessa città, San Lazzaro, la incontriamo spesso, anche quando avevamo già fatto il pezzo “Ammazza Cristina” sulle note di Crimi che veramente mi stava sui maroni, l’ho scritto per quello. La canzone denunciava il mio odio nel suoi confronti, in quanto ha preso il monopolio dei cartoni animati, quindi mi guardavo bene dal presentarmi: “Ciao sono quello che ha scritto Ammazza Cristina”. Poi all’autogrill era con la sorella, abbiamo portato un nostro CD e pensando che non si ricordasse della canzone: “Ciao Cristina, noi siamo i Gem Boy, volevamo conoscerti…” lei “ah siete quelli di Ammazza Cristina”; un masso in testa però alla fine il CD l’ha preso, lo metterà sotto la gamba del tavolo per non farlo più muovere…invece l’ha ascoltato, sicuramente per le canzoni romantiche come “Carlo e Licia”».
Com’è avvenuto il vostro successo?
«In maniera esponenziale, col passaparola e soprattutto con Napster in cui sono state condivise le nostre canzoni, come la maria nelle scuole».
Marco D’Urso (articolo + photogallery)
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