I La Sad tornano con “Odio La Sad“, secondo album del trio emo-punk fondato a Milano, uscito il 5 aprile. Diversamente dal primo album con un concept più incentrato sull’amore, la depressione e le droghe, i tre punkettari italiani svariano su più temi in questo lavoro. Dai vari conflitti interiori che possono attanagliare una persona, all’odio in generale che la società riserba per il diverso. Un lavoro che rispetto al primo album risulta meno ridondante e che si fa apprezzare di più. Anche dal punto di vista compositivo.
Per quanto si possa contestare la trap con i suoi pregi e difetti che può avere, un merito glielo si deve dare: sdoganare alcuni temi. Se in Italia diventavano mainstream esclusivamente le sofferenze dell’amore, da alcuni anni nelle radio italiane si possono ascoltare anche altre sfumature della sofferenza. Ecco, i La Sad hanno cercato di mescolare il tutto e registrarci un proprio marchio. Hanno ripreso la scena pop punk, in alcuni casi anche con forti connotazioni punk rock, emo e trap, fino a renderlo italianamente personale. E sicuramente non è cosa da poco.
Lo slogan “sto nella Sad“ è tutto ciò che rappresenta il mondo adolescenziale. Dall’autocommiserazione all’essere odiato e sentirci tristi quando agli occhi della società risultiamo essere diversi. Quindi un appellativo dispregiativo che diventa un’arma di difesa, senza mancare quella minima tonalità di ironia. Il miglior meccanismo per non essere vittima delle provocazioni. E in questo slogan vi fanno parte tutti coloro che si sentono o che li fanno sentire sbagliati. Il tutto amplificato anche dall’aspetto eccentrico dei tre componenti: Theø, Plant e Fiks.
Nel nuovo disco dei La Sad c’è tutto: rabbia, tristezza, malinconia, disagio, ansia, amore, odio. Sicuramente il culmine di queste tematiche si è raggiunto nei primi anni duemila quando esplodeva la scena emo, ma un adolescente insicuro ha sempre bisogno di ritrovarsi in un altro individuo per non sentirsi solo. Negli undici brani che formano il disco, però, si capisce come questi problemi non riguardino solo gli adolescenti, ma anche persone con un’età maggiore.
La tristezza che poi sfocia nella sofferenza, come spesso capita, può portare all’uso di sostanze. Uno dei temi sdoganati dei La Sad è proprio l’uso di droga. In Italia, come spesso capita, il problema si tende a zittirlo, a quietarlo. Nella musica, si intende. Il tema della droga anche usato come metafora per descrivere un amore, che sia sano o tossico. Infine non mancano testi contro la società come F*ck the Wrld con parole dure dal carattere underground, ma che grazie alla loro esplosione mediatica è aperto a tutti.
La loro fama, infatti, la si deve anche ad Amadeus avendo concesso loro il palcoscenico di Sanremo, (la quale c’era il rischio di non parteciparvi). Il singolo portato al Festival Autodistruttivo, infatti, è l’esempio della disillusione di una generazione alle volte descritta debole, insicura e senza personalità. La costante paura di essere giudicato, criticato e additato soprattutto in un mondo così schiavo dei social dove l’apparenza ha preso il sopravvento. Il perpetuo perseverare nel dimostrare qualcosa, anche quando non c’è nulla da dimostrare. Una generazione che non riesce a reggere il peso di determinate circostanze fino all’autodistruzione.
Dal punto di vista degli arrangiamenti, Odio La Sad offre di più rispetto al primo disco Sto nella Sad. Dai sample di chitarra, ormai tipici delle sonoità trap, fino ad arrangiamenti più malinconici, dance e punk. Un disco, inoltre, pieno di featuring come i Pinguini Tattici Nucleari nella canzone Maledetta vita; Rose Villain in Non lo sai; Articolo 31 in Goodbye; Bnkr 44 in Memoria; Naska in Summersad 4. Ed infine la cover Lamette di Donatella Rettore, in collaborazione con la stessa cantante.
Piccola curiosità: il disco esce anche in formato vinile con tre colori diversi: verde, blu e rosa. I tre colori, appunto, che raffigurano il trio.
Foto: La Repubblica
Simmaco Munno
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Nato e cresciuto a Santa Maria Capua Vetere, provincia di Caserta, quando il grunge esplodeva a livello globale, cioè nel ’91, e cresciuto a pane e pallone, col passare del tempo ha iniziato a sviluppare interessi come la musica (sa mettere le mani almeno su tre strumenti) la letteratura e la linguistica. Con un nome provinciale e assonante con la parola sindaco, sogna di poter diventare primo cittadino del suo paese per farsi chiamare “Il sindaco Simmaco”.