Kurt Cobain, il leggendario frontman dei Nirvana, si presenta nell’immaginario comune dei suoi fan come una personalità difficile, frastagliata per via di alcuni traumi subiti nella sua infanzia, capostipite del grunge e icona accattivante per la gioventù americana degli anni ’90. Tuttavia, c’è un lato – più o meno celato – che sembrerebbe essere una caratteristica determinante del giovane suicida: la sua disposizione artistica. Nel corso della sua, seppur breve, esistenza Kurt si cimentò in disegni, fumetti, dipinti, collage. Il nonno, Leland Cobain, ricorda come, all’età di 6 anni, il nipotino gli portò un disegno di Topolino ed egli non gli credette, ritendo impossibile che il piccolo Kurt fosse in possesso di questo talento. Offeso, il bambino, riprodusse davanti al nonno, a memoria, le immagini di Paperino e Topolino lasciandolo nettamente sorpreso.
Se prima con l’arte esprimeva la spensieratezza e l’innocenza di un normale bambino dello Stato di Washington, in seguito al divorzio dei suoi genitori e al trasferimento, dapprima col padre e, dopo la comparsa di una matrigna, nuovamente con la madre, Kurt riversò nei suoi disegni lo sconforto e il pessimismo che una tale condizione di spaesamento gli aveva recato. Alcuni suoi compagni di scuola ricordano come il ragazzo trascorresse la maggior parte delle sue lezioni disegnando. Rispetto all’idillio giovanile, la sua arte sfocia in un mondo inquietante nel quale forte è la ricorrenza del “proibito” e, per questo motivo, molto loquaci sono alcuni suoi fumetti che palesano un giovane animo tormentato da paure e incertezze.
Una volta cresciuto, Kurt perfezionò anche il suo stile artistico, possibilmente ascrivibile ad un tipo di pittura contemporanea caratterizzata da pennellate rozze, mai eleganti, seppur molto precise, il tutto sempre velato da un certo filtro ironico. Ovviamente, i soggetti rappresentati sono i soliti demoni che lo hanno tormentato a partire dalla scalata verso il successo e i mostri della depressione che lo hanno, infine, condotto al suicidio.
Charles Peterson, il suo fotografo personale, sorride nel ricordare un aneddoto durante una delle sue interviste rilasciata a Rolling Stones: durante una domenica pomeriggio ricevette una chiamata da parte della rockstar che lo implorava di raggiungerlo obbligatoriamente a casa sua, altrimenti le onde – così le definì – si sarebbero staccate. Peterson raggiunse controvoglia casa di Kurt, sebbene abituato alle sue “stranezze” e, una volta arrivato, scoprì che c’era un enorme collage di oggetti sul tappeto del salone di casa Cobain che lui avrebbe dovuto fotografare prima della possibile scomposizione. A partire dal collage fu realizzato il retro per la copertina dell’album In Utero. Anche la copertina di Incesticide è opera del frontman.
Dal 3 al 6 agosto durante la Seattle Art Fair sono state esposte tutte le opere inedite e riscoperte dell’artista che sembrerebbe riacquistare fama e immortalità facendosi strada nel campo artistico. Le sue svariate opere, infatti, sono state sistemate accanto a quelle di famigerati artisti contemporanei e ritenute degne di essere considerate tali. Sono stati inseriti anche frammenti e schizzi rimasti nascosti tra le innumerevoli carte di Kurt, tra l’altro dedito anche a frequenti annotazioni più o meno diaristiche e poetiche.
Giulia Sorrentino
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