Nel 1987 James Lapine e Stephen Sondheim scrivono Into the Woods, il musical che combina quattro favole celebri (Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Raperonzolo e Jack e il fagiolo magico) con i capricci di una strega senza bellezza e le speranze di una coppia di fornai senza figli. Il luogo d’ambientazione per eccellenza è per tutti il bosco, in cui da sempre si svolgono le favole e si addentrano i loro personaggi, imbattendosi in inganni o sorprese. È il luogo in cui dominano forze irrazionali, ma anche lo spazio sacro del viaggio iniziatico, la scenografia della traversata e il passaggio da uno stato di incoscienza a uno di maggiore consapevolezza.
Into the Woods è stato adattato dal regista Rob Marshall, che è riuscito a mantenere le intenzioni degli autori, da cui era stato concepito come un racconto iniziatico, capace di confrontare i personaggi delle fiabe col principio di realtà, ovvero con la favola che ci raccontiamo col mondo reale. Non a caso, la sceneggiatura è scritta dallo stesso James Lapine. Nonostante la Disney e la sua vocazione a edulcorare, il musical di Marshall è esplicito e sincero nei confronti dei bambini: non manca, infatti, un profuso senso di inquietudine. Mentre la prima parte, prevalentemente convenzionale e cinguettante, svolge alla lettera le fiabe popolari di Charles Perrault e dei fratelli Grimm, la seconda spezza gli amori felici (e contenti), fa abbandonare i figli, rivolta le figlie, improvvisa le famiglie.
Marshall sceglie di adattare le tonalità cromatiche ai tormenti dei caratteri di una sovrapposizione tra dipinti e arazzi del tempo. Senza il timore di commettere delitti letterari, regista e sceneggiatore hanno lavorato tagliando orpelli e digressioni, per concentrarsi sul cuore della vicenda controllando stile e movimenti di macchina con una regia che resta, con intelligenza, misurata e invisibile, al fine di privilegiare lo struggimento dell’amore e della felicità – l’inutile e manichea lotta di potere – in un adattamento curato ed elegante. La pellicola rimuove la patina di referenzialità dal capolavoro letterario, che affascina con struggente bellezza e scorre via come l’incisivo ritmo musicale della colonna sonora dello statunitense Stephen Sondheim accanto ai meravigliosi costumi di Colleen Atwood, candidata all’Oscar 2015 dopo averne vinti tre. Meryl Streep, annoverata tra le migliori attrici cinematografiche di sempre, nel film riconferma la propria maniacale preparazione e documentazione sui personaggi che si accinge ad interpretare e, soprattutto, la versatilità nell’affrontare con grande abilità quasi tutti i generi cinematografici. Il tempo passa e lo stesso Johnny Depp, dal canto suo, non riesce a scrollarsi di dosso i ruoli di personaggi eccentrici, un po’ dandy e un po’ svampiti – o semplicemente bizzarri: Sweeney Todd, Jack Sparrow, il Cappellaio Matto di Alice in Wonderland (2010) e, adesso, il lupo.
Arrivati alla fine del sentiero, rimane da dire che non è necessario amare Broadway per apprezzare Into the Woods. È sufficiente non mettere limiti alla fantasia, sconfiggere il lupo Johnny Depp, amare il principe e il principio azzurro interpretato da Chris Pine, avere l’appetito famelico di Cappuccetto Rosso e l’istinto alla fuga di Cenerentola (Anna Kendrick). In breve, è sufficiente essere umani, troppo umani. Soli, comunque, non saremo mai, come sostiene la canzone No One Is Alone, indicando(ci) la via per uscire dalla selva oscura che ci ha smarriti.
Enrico Riccardo Montone
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