Un’umanità prevalentemente composta da agricoltori, crisi alimentari, una Terra irriconoscibile minacciata da una terribile crisi che si abbatte sui raccolti, un avvertimento sullo sfruttamento delle risorse del nostro pianeta, una famiglia. È questo il nuovo film del regista Christopher Nolan, Interstellar, che parte dal ricordo universale di 2001: Odissea nello spazio (1968) diretto da uno dei più grandi cineasti della storia, Stanley Kubrick. Coinvolgente, non tratta la solita fantascienza a cui siamo stati abituati a vedere negli ultimi anni, bensì i suoi temi sono l’istinto di sopravvivenza dell’uomo, i valori morali, unendo abilmente scienza e fantascienza, sogno e realtà, facendo si che l’amore diventi una grandezza fisica tanto quanto il tempo e lo spazio e che l’amore stesso è l’unica cosa che li trascende.
Le domande poste dai film di Nolan non rimangono mai in sospeso e in questo capolavoro il cineasta britannico è arrivato là dove Kubrick si era fermato. Crea una “versione aggiornata” ai nostri tempi e ai nostri difetti, rappresenta una Terra immediatamente riconoscibile, classificabile e archiviabile. Ma il messaggio che si tenta di far arrivare (e che arriva) allo spettatore/essere umano è proprio il piacere dell’audacia. Il futuro che viene rappresentato in Interstellar è ben diverso da quello stereotipato e distopico, tipico del grande schermo; è piuttosto un “ritorno al passato” in cui l’uomo è alla costante ricerca del rapporto tra società e territorio e della relazione (in passato rinnegata) con l’agricoltura. La scienza, insomma, sembra essere stata trascurata. Una costante esaltazione dell’uomo che ha deciso di smettere di lottare, in una discesa verso il baratro della rassegnazione e della solitudine.
Encomiabile è l’interpretazione di Matthew McConaughey, a cui si deve una recitazione meravigliosamente sopra le righe, già consacrato con Dallas Buyers Club (2014) per il quale ha vinto il Premio Oscar come miglior attore protagonista. Il suo personaggio, Cooper, è memorabile: ex astronauta, vive nella piena consapevolezza di ciò che egli è e di ciò che il mondo rappresenta. Egli scopre grazie alla figlia che la NASA è ancora attiva, che il pianeta non ha molte alternative e gli viene denunciata la presenza di un warmhole vicino a Saturno in grado di condurre lui e la troupe con la quale partirà in missione, in altre galassie, al fine di salvare l’umanità dalla catastrofe, ma soprattutto di dare un futuro ai propri figli. Per il personaggio, il contatto con il passato è un punto da cui ripartire, una sorta di realtà incontaminata che funge da ancora di salvezza per il presente. La dimensione umana è esaltata dal fatto che quasi tutti i personaggi sbagliano qualcosa, mentendo a sé stessi a volte.
La sovrapposizione di temporalità diverse è elemento fondamentale in quasi tutti i film di Nolan (Memento e Inception), creando e trovando percorsi nuovi, così come in Interstellar il tempo del corpo di spedizione non è uguale a quello sulla Terra. Nolan può essere definito un “costruttore” di ingranaggi dalla grande complessità che con invidiabile chiarezza corrono verso una risposta finale. Interstellar ribalta i luoghi comuni del cinema per ambire ad un senso di meraviglia e di avventura.
Il linguaggio cinematografico nonché la fotografia costituiscono gli elementi fondamentali per la comprensione del film e del ruolo che oggi la tecnica moderna del cinema ha assunto. Per Walter Benjamin (1892-1940) filosofo e scrittore tedesco, le immagini cinematografiche appaiono come dei proiettili, anzitutto per il modo in cui vengono realizzate. Anche quando esse vengono montate in modo così delicato che quasi non si avverte il taglio delle immagini, non cessa tuttavia il cambiamento dei luoghi dell’azione e delle riprese, come pure l’investimento tattile, a scatti, dello spettatore. Il film ha bisogno di spettatori congeniali che sappiano parare al volo in modo giusto i suoi “proiettili”. È questo un pensiero che colpisce per la somiglianza con il lavoro di Christopher Nolan, la cui fotografia è un contraltare e una vendetta aventi forse qualche traccia di troppo impeto trascendentale.
Enrico Riccardo Montone
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