Il maestro Giammarco Casani rappresenta un validissimo modello da seguire per tutti quei giovani che intendono imboccare la strada della musica e fare successo mediante questa, non smettendo mai di migliorarsi. Voci di Città ha avuto il piacere d’intervistarlo e sapere di più sul primo clarinetto della National Opera House di Pechino e della Ningbo Symphony Orchestra.
CATANIA – Durante il concerto del Càlamus, ensemble di clarinetti tenutosi al Castello Ursino giorno 5 gennaio 2016, complesso formato dai migliori clarinettisti del panorama musicale siciliano provenienti da corsi di perfezionamento con maestri del calibro di Stoltzman, Pay, Leister, Yu Feng, de Peyer, oltre a essere vincitori di vari concorsi nazionali e internazionali, il capoluogo etneo ha avuto l’onore di ospitare uno dei più grandi clarinettisti al mondo, Giammarco Casani, da qualche mese a questa parte anche primo clarinetto alla National Opera House di Pechino. Abbiamo avuto l’occasione di intervistarlo per farci raccontare come un grande musicista del suo livello, che ha suonato con maestri come Ennio Morricone, Claudio Abbado, Yuri Ahrnovitch, Milan Turkovic, vede la musica ancora oggi dopo tanti anni di grande carriera.
Maestro, come ha iniziato la sua carriera musicale e perché ha scelto di suonare il clarinetto?
«Ho iniziato a otto anni nella banda del mio paese un po’ come tutti sostanzialmente e la scelta del clarinetto è stata quasi obbligata in seguito alla conformazione delle mie labbra: per la tromba erano troppo grandi, stessa cosa per il corno; avrei potuto suonare il trombone, ma non essendovi un insegnante contrariamente al clarinetto di cui, invece, ve ne era uno ottimo nella banda, ho cominciato a suonare questo strumento».
È reduce da una tournee internazionale: quali Paesi ha visitato?
«Credo sia più semplice elencare quelli che non ho visitato: fra questi, l’Australia, in cui non ho mai suonato ma ho due allievi a cui faccio lezione e un carissimo amico, primo clarinetto dell’orchestra di Sidney, e la Nuova Zelanda. Quest’ultima tournee è particolarmente entusiasmante, poiché è stata diretta con l’orchestra del Festival di Lucerna, filarmonica condotta attualmente dal maestro Andreis Nelson, ma rifondata da Claudio Abbado nel 2006 circa ed eretta da Arturo Toscanini, di cui faccio parte dal 2011».
Lei è solo musicista o insegna anche in licei musicali e conservatori?
«Sono un insegnante, ma non esercito in istituzioni statali, giacché in Italia chi ha suonato o suona ancora in orchestre come me, non può insegnare in conservatori o altro; pertanto, oltre al tenere qui a Catania un masterclass grazie al maestro Dell’acqua, e altri in Italia, sono parte del corpo insegnanti, formato da artisti nazionali e internazionali, dell’Università italiana del clarinetto di Camerino. Amo istruire, infatti quando vado a lezione studio sempre prima: ogni volta scelgo l’ancia migliore e mi preparo adeguatamente».
Continua ancora oggi la sua attività di studio con il maestro Donald Montanaro: quali sono i suoi obiettivi?
«Quando nel 1997 incontrai Valentino Zucchiatti, primo fagotto alla Scala di Milano, mi resi conto che dopo aver intrapreso la carriera di primo clarinetto c’era bisogno di una guida che mi seguisse, e avendo avuto la fortuna di imbattermi nel maestro Donald Montanaro, primo clarinetto alla Philadelphia Orchestra, i cui maestri erano stati, in aggiunta, tutti italiani, decisi di continuare la mia attività di studio con lui. Il mio obiettivo è quello di riportare in Italia la tradizione di uno studio perpetuo, volto a un continuo perfezionamento. In altre interviste mi è stato chiesto quanto tempo dedico alla musica e la mia risposta è stata quella che può anche darsi che mentre sto parlando con qualcuno, io mi ritrovi a pensare a come eseguire una determinata frase di quella composizione che mi aspetta. Sono totalmente innamorato della musica e il clarinetto è ciò che mi fa svegliare al mattino».
Da quanto tempo è primo clarinetto alla National Opera House di Pechino?
«Sono stato nominato il 28 agosto 2015, dopo aver diretto l’Orchestra Sinfonica di Roma, pur avendo ricevuto la proposta ben sette anni prima dal maestro Yu Feng, il quale mi disse che aveva bisogno di un clarinettista del mio calibro nella sua filarmonica. Inizialmente, rifiutai perché mi trovavo benissimo a Roma. Nel 2009 mi recai in Cina insieme a mia moglie per la giuria di un concorso internazionale e immediatamente provarono a farmi restare, ma nonostante tutto, il posto a Roma mi faceva stare meglio, soprattutto perché originario di Ronciglione in provincia di Viterbo. Quando, purtroppo, la mia orchestra venne chiusa, la prima email che ricevetti fu proprio quella di Yu Feng, il quale mi chiese di andare il prima possibile».
Lei è anche strumentista ufficiale e consigliere Selmer Paris e Vandoren, di che si tratta?
«Selmer in particolare è l’azienda dei clarinetti che utilizzo da vent’anni ed è ormai diventata parte di me. Il giorno in cui chiusero la mia orchestra, il signor Jerome Selmer mi disse di non preoccuparmi poiché loro rappresentavano la mia seconda famiglia: sentirmi dire certe cose, mi ha fatto capire che la semplice collaborazione si era trasformata in familiarità. Il suo messaggio amichevole è quotidianità e averlo ricevuto proprio il giorno della chiusura dell’Orchestra Sinfonica di Roma mi ha fatto stare bene. I signori Selmer e Vandoren si fidano ciecamente del mio parere e mi chiedono cosa ne penso su determinate cose: specialmente per Selmer, il mio è quasi un parere vincolante».
Che programmi ha per il futuro?
«Ovviamente, c’è sempre di mezzo la musica, ma uno dei primi obiettivi è quello di ritornare in Italia il prima possibile per non continuare a restare lontano dalla mia famiglia. Ho accettato il posto alla National Opera House soprattutto per il bene di essa, giacché in Italia non ho avuto opportunità migliori e, anziché restare a casa, dal momento che quando si è abituati al palcoscenico si finisce poi per sentirne la mancanza qualora lontani, ho preferito adeguarmi. Oltretutto, in Italia non vi è una sana competizione fra musicisti e tutto questo mi ha convinto ad accettare l’offerta fattami: l’orchestra vera, composta da tutti i grandi strumentisti che vi sono nel mio Paese, sfortunatamente qui non esiste».
Anastasia Gambera
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