Anche Bologna è stata colpita dal sextortion, il fenomeno di estorsioni sessuali che dilaga via internet: come racconta il vicequestore Sergio Russo, la media registrata nella provincia è di 100 denunce l’anno, ma dietro questi dati si celano molte più vittime.
BOLOGNA – Lo definiscono sextortion, parola composta da sex + extortion, ed è il nuovo termine con cui viene indicata un’estorsione di denaro in cambio dell’eliminazione di video sessuali, compromettenti per i diretti interessati, registrati sul web. Attraverso un’intervista rilasciata a BolognaToday, il vicequestore aggiunto della Polizia postale dell’Emilia Romagna, Sergio Russo, ha spiegato nel dettaglio come si è svolto il sextortion per i casi finora scoperti. A Bologna si contano 100 denunce ma, come spiegato dal vicequestore, è solo un dato apparente, in quanto la maggior parte delle vittime non ha il coraggio di sporgere denuncia e resta sottomessa in silenzio alle minacce degli adescatori. Proprio questo è il punto di forza del sextortion.
La scena del crimine, naturalmente, non può che essere un social network (nel 77% dei casi si tratta di Facebook) e le protagoniste sono donne straniere sessualmente molto attraenti, con foto provocanti e profili vagamente realistici. Tutto inizia, come ormai di consueto, con una semplice richiesta d’amicizia, poi la ragazza in questione contatta l’utente (solitamente uomini di qualunque fascia d’età) in chat privata, abbordandolo con provocazioni sessuali piuttosto esplicite, formulate in un italiano tutt’altro che corretto, ma poco importa. A questo punto, dopo qualche foto hot per riscaldare l’atmosfera, l’adescatrice invita l’uomo a spostarsi su Skype per rispondere a una videochiamata piuttosto “interessante”. Stabilito un “appuntamento virtuale”, i due si incontrano attraverso la webcam. Ciò avviene solo teoricamente, infatti, mentre la vittima si espone credendo di fare del “vero” sesso virtuale, i video che visualizza di solito sono registrati precedentemente, dunque fake.
Dopo questi brevi minuti di euforia ed eccitazione, però, la situazione si capovolge in pochi secondi: la “ragazza virtuale”, puntando una videocamera contro lo schermo o impostando sul computer la registrazione, invia alla vittima l’intero filmato del loro amplesso telematico, minacciandolo di divulgarlo. Le intimidazioni vengono rese più credibili da insulti di pedofilia, insinuando così che la ragazza in chat sia minorenne ma, soprattutto, attraverso screen di conversazioni del profilo fake con persone care e vicine alla vittima.
In preda al panico, per evitare che mogli, fidanzate o parenti possano scoprirli in un atto tanto deplorevole, le vittime si lasciano abbindolare pagando somme che variano dai 200/300 euro fino ad un massimo di 4000. Pochi coloro che, mettendo da parte la vergogna, decidono di denunciare il tutto alla polizia. Considerando che i criminali sono solitamente irrintracciabili e il deposito dei soldi viene addebitato in conti in Costa d’Avorio o in Africa centrale, l’unico modo per salvaguardare Bologna, e il mondo, dal sextortion è appunto l’informazione, come ha dichiarato anche Sergio Russo: «L’unico strumento davvero efficace è la prevenzione ed è su questo che lavoriamo molto».
Chiara Forcisi
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Da sempre lettrice accanita, Chiara all’età di 13 anni pubblica You are my angel, il suo primo romanzo. Frequenta il Liceo Classico N. Spedalieri di Catania, dove completa gli studi in bellezza in qualità di rappresentante d’istituto e dirige, dopo averlo fondato, il giornalino scolastico Il Punto, degno erede di Voci di Corridoio, antesignano di Voci di Città. A marzo 2013 corona il suo più grande sogno: partire come delegate con l’Associazione Diplomatici alla scoperta della Grande Mela. Si laurea in Scienze della Comunicazione all’Alma Mater Studiorum di Bologna a luglio 2018. Inoltre, anche se è impegnata ad affrontare la vita quotidiana non si arrende e prova ancora a realizzare ciò che voleva fare fin dalla culla: salvare il mondo con le parole.