Dalle menti di Joaquim Dos Santos, Kemp Powers e Justin K. Thompson, nasce Spiderman: Across the Spider-Verse. Sequel del già strabiliante Into the Spider-Verse, questa saga animata torna con una potenza e bellezza mai visti sino ad ora. Una trama coinvolgente, uno stile grafico senza paragoni e la giusta misura nel trattare temi importanti, vicini sia ai grandi che ai piccoli.
Gwen Stacy, nell’universo di Terra-65, combatte il crimine sentendo molto il confronto con il padre poliziotto, che non conosce la vera identità della figlia: a ciò si aggiunge la morte dell’amico Peter Parker che, in questo universo, muore proprio a causa di Gwen perché trasformatosi in Lizard. Miles Morales, in Terra-1610, si trova a confrontarsi con una nuova nemesi apparentemente innocua: la Macchia. Intanto, il rapporto con i genitori si compromette sempre di più.
I due protagonisti si ritroveranno ancora una volta insieme quando Gwen verrà assoldata dalla segreta Spider-Society, legando la loro missione alla imminente minaccia della Macchia, coinvolta nella compromissione del Multiverso.
Se già Into the Spider-Verse aveva saputo stupirci con la sua creatività eclettica, questo nuovo capitolo raggiunge l’apoteosi nel campo dell’animazione. Ci troveremo di fronte a un reticolo di stili di disegno complementari e opposti tra loro, capaci di sposarsi solo grazie all’immenso ingegno del team che sta dietro l’intero film. Questo va poi a unirsi alle incredibili scene d’azione, miste a un montaggio frenetico e che supera lo schermo, che vi lasceranno senza dubbio con gli occhi fissi allo schermo senza mai confondere il vostro sguardo.
Il movimento poi è l’altro ingrediente che si unisce agli altri completando questa tela psichedelica: è un vero e proprio tripudio visivo, esondante e soddisfacente, che eccede quando deve e che rallenta quando necessario. Nulla è fuori posto, tutto coincide con l’intenzione artistica di autori e disegnatori. Inoltre, questo calderone di stili va anche a sintetizzare l’immensa storia fumettistica – e anche cinematografica – del ragnetto newyorkese.
Vi è poi un sapiente e ricercato uso del colore: non si tratta solo di scelte relative alle atmosfere e all’estetica delle singole sequenze, bensì si tratta di specchi cromatici delle emozioni dei personaggi. Ecco che per esempio il padre di Gwen è tinto di rosso perché cerca di comunicare calore alla figlia, ed ecco che Gwen si tinge di blu perché profondamente scossa dal suo stato d’animo.
Come il capitolo precedente, Across the Spider-Verse si rivolge a un pubblico trasversale, senza ridurre i temi affrontati al classico “film per famiglie”. Il ruolo che hanno le famiglie dei protagonisti, e anche di altri personaggi, è centrale nella loro crescita, perché più dei villain rappresentano il primo vero antagonismo della vita. Si tratta di un conflitto sano, necessario e naturale, tappa fondamentale della crescita di ciascuno di noi.
Ritorna l’importanza della fiducia e la difficoltà nell’esprimere la propria interiorità: si insiste molto sul perché Gwen e Miles non vogliano rivelare la loro identità ai genitori, perché ne temono il giudizio o perché sanno che verrebbero limitati in ciò. Il tema del “nido”, infatti, del non lasciare andare i figli per la loro strada e non fargli spiegare le ali, è il secondo motore della pellicola.
Non vi è però solo il punto di vista adolescenziale, vi è anche quello adulto: i genitori sono trattati non come ostacoli, ma come esseri umani, che, come i figli, si stanno confrontano con la realtà della crescita di quest’ultimi e la paura di lasciarli andare.
Spiderman: Across the Spider-Verse si supera in ogni suo aspetto ma c’è una singola cosa che in sala ha fatto storcere il naso al pubblico: la storia si chiude con un cliffhanger, a tratti infame, che ti fa rimanere relativamente deluso. Basta però poi ricordarsi della insuperabile estetica e intrigante trama, per dimenticarsene.
Un film d’animazione che dà un pugno in faccia al Marvel Cinematic Universe, anche con dirette ma oneste battute, dimostrando che non serve CGI prepotente ed esplosioni esagerate per rendere grande un film di supereroi.
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