La storia si scrive, ma a volte ci sono scritte che quella stessa storia la cambiano, imponendoci una nuova interpretazione. È ciò che è successo lo scorso martedì a Pompei: un’iscrizione in carboncino par ribaltare le convinzioni relative alla datazione della storica eruzione pliniana tramandate fino a oggi. A conferma di una tesi già avanzata da Alberto Angela qualche anno fa, nel 79 d.C. il Vesuvio non avrebbe interrotto il suo periodo di inattività nel tepore di fine estate, bensì in autunno inoltrato.
Avvenuta nel sito archeologico pompeiano, la scoperta che Bonisoli ritiene «eccezionale», avrebbe postdatato la tragedia consumatasi alle pendici del vulcano campano al 24 ottobre. «Ci fermavamo alla datazione della lettera di Plinio che fissava l’eruzione al 23 agosto. Può darsi, un pò di più del può darsi, che qualche amanuense nel corso del Medioevo abbia fatto una trascrizione non fedele e per tanto tempo abbiamo pensato che l’eruzione fosse stata ad agosto. Oggi con umiltà stiamo riscrivendo i libri di storia» continua il ministro dei Beni Culturali.
Come puntualizzato dal direttore generale Massimo Osanna il ritrovamento permetterebbe di giustificare la presenza di melograni e bracieri tra i resti di una quotidianità travolta da cenere, pomici e lapilli. Dagli scavi della Regio V di Pompei sembrerebbe che la traccia, fortunatamente conservatasi, risalga a una settimana prima della tragica eruzione e parrebbe in grado d’individuarne con esattezza il periodo, almeno, s’intende, fino a scritta contraria.
Concetta Interdonato
(articolo e foto)
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