Nella notte tra l’1 e il 2 Giugno, a Mascalucia, in provincia di Catania, 8 cani randagi, muniti di collare rosso, sono entrati nel giardino di una coppia d’anziani, sbranando 12 pavoni e 5 galline. La segnalazione contraddice quelle che erano state le rassicurazioni da parte del sindaco sulla non pericolosità dei cani di strada, che hanno oltretutto causato la morte di poveri animali innocenti.
L’iniziativa a combattere un fenomeno del genere, stando a quanto viene riportato dalle parole del sindaco Vincenzo Magra a Tgcom24 , sarebbe iniziata già da qualche tempo “in collaborazione con l’assessore al randagismo Angelo Caponnetto, la polizia locale con il Comandante Orazio Vecchio e gli ispettori Currò e Patti, tutti i volontari per aiutare gli amici a quattro zampe“.
Sempre il sindaco, nella stessa intervista, affermava che l’iniziativa era nata “dall’esempio di un servizio tv su un piccolo comune del Nord Italia che sosteneva gli adottanti dei cani del canile, per svuotarlo”
“Io ragionavo sul fatto che 100 cani ospitati dal Comune – continuava il sindaco – costano 4 euro al giorno e diventano una spesa importante all’anno. Così dapprima l’idea di RandagiAmo: già nel nome si sottolinea il nostro amore per gli animali. Portare, cioè, cuccioli e cani adulti dal canile al mercato settimanale per cercare loro casa, offrendo in cambio sostegni alimentare e sanitaria. Ma questo non bastava e così non ci siamo fermati qui“.
A ciò aggiungeva: “Ci siamo accorti che era fondamentale il controllo delle nascite dei randagi sul territorio. I branchi si erano impadroniti del centro città e del parco dove si svolgono manifestazioni ed eventi. Tante le lamentele e le segnalazioni alla polizia locale di cittadini preoccupati per la loro incolumità e per quella dei loro figli. Così, con fondi inizialmente comunali e aprendo su un’area comunale bonificata un’Oasi canina, grazie alla presenza di volontari, abbiamo continuato a far vivere liberi ma nella sicurezza di tutti i cani che venivano prelevati dalla strada in base alla normativa”
La soluzione, sempre da quanto emerge dalle sue dichiarazioni, sarebbe stata determinata “da un finanziamento regionale pari a 30.000 euro destinati alle pratiche di sterilizzazione, censimento, microchip, allo scopo di riemetterli nel territorio, seguiti da un tutor autorizzato, con cibo e cure, ma senza privarli della libertà. I cittadini possono stare tranquilli: li riconoscono da un collare rosso”. Sempre a tal proposito, affermava “Il ritorno in strada di 15 cani su 22” sui quali avevano agito, “riuscendo a mantenerli liberi, ma senza che rappresentino un pericolo per i cittadini”.
Dinanzi a ciò è evidente che – nonostante le varie promesse sulla protezione e salvaguardia dell’incolumità cittadina – sembrerebbe poco efficace il metodo utilizzato dagli addetti alla gestione del fenomeno. Il randagismo continua ad essere un fenomeno a dir poco allarmate per la comunità locale, che teme di scontrarsi con l’accadere di tragedie, come l’ultima del caso recentemente segnalato.
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