CATANIA – Volume forte e tono sostenuto: «È una città sotto assedio!», grida in aula il consigliere Sebastiano Anastasi, in sede di Consiglio Comunale. Non si riferisce, ovviamente, ad assalti di memoria medievale, ma nel suo intervento sembra destreggiarsi bene con le metafore riferite a quell’epoca. A questo proposito parla di «precipitazioni nella barbaria», «amministrazioni sotto scacco», «Catania élitaria», per porre all’attenzione del Consiglio un problema che a suo avviso è «la priorità da risolvere al più presto»: l’inciviltà dei cittadini catanesi. Volendo, quindi, provare a tracciare lo stesso percorso metaforico del consigliere Anastasi, si può dire che non è sufficiente innalzare un muro di cinta per difendere questa città, perché non vi sono conquistatori che provengono da imperi sconosciuti, non vi sono rivoluzionari che vogliono rovesciare il potere. Non esiste il nemico esterno, e qualora esistesse, non è lui l’artefice degli episodi che stanno conducendo ad una vera e propria escalation di vandalismo inqualificabile (verbale o materiale che sia): il danno lo causa il padrone di casa.
La cronaca recente, infatti, ci mostra una Catania protagonista di vicende riprovevoli: il caso dei due cittadini uccisi da un’automobilista distratta in Corso Italia, l’aggressione di stampo omofobico al turista olandese, lo scippo alla turista francese con conseguente frattura al polso della stessa (costretta ad anticipare il ritorno a casa), lo sfregio della Fontana dei Delfini, sita in Piazza Vincenzo Bellini. Tutti episodi che destabilizzano la quiete pubblica e terrorizzano il cittadino medio, sempre più disilluso nei confronti della sicurezza pubblica e sempre più tendente a rimanere a casa. Inoltre, lo scenario risulta ancora più terrificante se si pensa che tutti questi accadimenti si sono condensati in pochissimi giorni.
Alla seduta consiliare di giovedì sera, hanno sollevato la questione sia il già citato consigliere Anastasi, sia il consigliere Niccolò Notarbartolo. Il primo ha chiesto la convocazione di un Consiglio Straordinario col preciso scopo di trovare al più presto soluzioni per affrontare questa problematica «fortemente avvertita dai cittadini, molto spesso raccolti in pagine di social network per lamentarsi con ferocia della sempre più crescente inciviltà a cui è soggetta la nostra città». Notarbartolo, dopo essersi accodato alla proposta del suo collega consigliere, ha parlato di «un amore pressoché assente nei confronti di Catania» e ha criticato le nuove manovre comunicate dai vigili urbani che prevedono meno uscite per mancanza di risorse.
Lo stesso Notarbartolo ha approfondito con noi l’argomento: «Le istituzioni hanno la propria responsabilità, senza dubbio. Ma quel che è certo è che il problema è radicato nel tessuto sociale: ragazzi che si ispirano a modelli negativi, in assenza di un sistema educativo che insegni loro non tanto l’educazione civica in senso stretto, quanto il culto per la propria città e quello che possiede. Un ragazzo che si ubriaca e distrugge un’opera d’arte, non ha contezza del valore e del patrimonio artistico della sua stessa città. Sicuramente bisogna fare qualcosa per una migliore gestione della sicurezza e un utilizzo più adeguato delle risorse economiche, ma senza un percorso formativo adeguato, mediato dalla scuola, qualsiasi impegno potrebbe risultare vano. La rabbia sociale è adeguata coi tempi ed è comprensibile, ma non deve esistere il rischio che nascano ancora modelli negativi che si replicano all’infinito».
Alberto Abate
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