Sono trascorsi sette mesi da quando l’EPA ha scoperchiato il vaso di Pandora che per anni ha custodito il pernicioso segreto della Volkswagen, a cui i media di tutto il mondo hanno attribuito immediatamente il termine “scandalo”, comunemente noto come Dieselgate. Una vicenda di portata mastodontica, che ha gettato nel caos il colosso automobilistico tedesco.
La storia delle emissioni di gas nocivi oggetto di manipolazioni irregolari, già nell’immediato, ha condizionato pesantemente lo stato di salute dell’azienda che ha sede a Wolfsburg. Da settembre, il titolo Volkswagen ha perso oltre il 21% in Borsa e, come se non bastasse, dagli uffici del palazzo di giustizia di Braunschweig, nella Bassa Sassonia, fanno sapere che sono state presentate 76 richieste di risarcimento danni, da parte di investitori privati. Tra queste rientra anche una class action avanzata da 278 grandi investitori istituzionali, che reclamano danni per oltre 3,25 miliardi di euro, ma l’importo è destinato ad aumentare. A tale proposito, dalle pagine del quotidiano berlinese Der Tagesspiegel, il legale che rappresenta gli investitori ritiene che in tempi brevi verranno presentati ulteriori ricorsi in sede legale. Pertanto, le casse della casa costruttrice di Wolfsburg sono destinate a vacillare tra le accuse di clienti, piccoli e grandi investitori, autorità e la minaccia di cause miliardarie in giro per il mondo.
Gabriele Mirabella
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Classe ’92, calcio e giornalismo (e la buona tavola) sono il suo “pane quotidiano”. Tra le fantasie più recondite, quella di comparire tra le figurine Panini, pur non avendo mai giocato in Serie A. Ogni tanto si diletta con telecronache improvvisate di match inesistenti, tuttavia gli amici vorrebbero che sostituisse Beppe Bergomi a FIFA. Il suo sogno nel cassetto? Commentare una finale dei Mondiali.