L‘olio d’oliva, perno della dieta mediterranea e prodotto storicamente trainante per le fortune dell’economia italiana, pur stretto nella morsa dei produttori esteri (più di due bottiglie d’olio su tre imbottigliate nel nostro Paese, secondo quanto sostiene Coldiretti), prova a rialzare la testa nonostante le molteplici vicissitudini. Proviamo a tracciare quindi un quadro sommario della situazione di un settore alle prese con gli effetti della crisi e il peso reale della contraffazione.
Un vero e proprio “esercito” di 250 milioni di alberi d’ulivo sparsi lungo tutto il territorio nazionale, 43 oli patrocinati dall’Unione Europea e 533 varietà di olive da difendere e tutelare. Questi numeri al momento fanno si che l’Italia mantenga la posizione di secondo produttore a livello mondiale subito dietro la Spagna. Negli ultimi venticinque anni il consumo d’olio d’oliva nel mondo è sensibilmente raddoppiato, contribuendo a cambiare volto alle abitudini alimentari di milioni di persone e al contempo incoraggiando la crescita del settore a livello economico ed occupazionale, nonché favorendo un’impatto positivo sotto la sfera ambientale.
Proteggere l’olio d’oliva nostrano dal peso reale della contraffazione è diventato d’importanza sempre più impellente, senza dimenticare gli effetti di una congiuntura economica negativa che ha letteralmente piegato le ali alla produzione italiana, crollata sensibilmente negli ultimi tempi a dispetto di un’import di ben 530 milioni di chili solamente nell’ultimo anno.
L’introduzione di tecnologie avanzate nel campo della coltivazione, produzione e commercializzazione dell’olio d’oliva come il QR-code, risponde perfettamente sia alle esigenze dei produttori che alle richieste del consumatore, il quale adesso è in grado di verificare in prima persona l’originalità del prodotto esposto tra gli scaffali del supermercato e risalire ai dati identificativi del produttore a portata di smartphone.
Gabriele Mirabella
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