Il lungo periodo di recessione che sta interessando l’Italia spinge un gran numero di laureati, artisti, fotografi, pubblicitari ed esperti in design a lasciare il Bel Paese per cercare fortuna in Cina Sulle orme di Marco Polo, stando al titolo di un’indagine che ha voluto far luce sul fenomeno migratorio per il quale i nostri connazionali tendono a popolare le grandi metropoli cinesi. Idee, progetti, sogni e speranze di chi ha deciso di lasciarsi alle spalle la staticità economica e sociale in cui riversa il nostro Paese per andare in Oriente.
La Cina è da sempre “stregata” dal made in Italy, etichetta riduttiva se la si considera soltanto alla luce delle eccellenze nostrane riconosciute nel campo della moda, del design e della ristorazione. Tale concetto, infatti, va piuttosto allargato allo stile di vita italiano, che pare riscuota ampi consensi nel Paese di Pechino. La competenza, abbinata alla creatività, è da sempre un marchio di fabbrica dello Stivale, che in Cina si vorrebbe applicare nei settori in cui vi è la necessità di un decollo definitivo. Le opportunità di crescita dal punto di vista professionale non mancano, ma si scontrano con differenze linguistiche, culturali, eccessiva burocrazia e assenza di garanzie contrattuali e sanitarie. Dal canto proprio, la Cina sta cercando di combattere l’annoso problema dell’inquinamento con una politica green che premia, specialmente nel campo dell’edilizia, progetti capaci di coniugare la qualità e il rispetto per l’ambiente.
Quello che potrebbe diventare il “sogno americano” in salsa orientale rischia, però, di essere frantumato da un disegno avviato nel 2013, che mira attraverso una rigida legislazione alla restrizione dei flussi migratori, per tutelare l’occupazione interna. Alla luce di tale programma, diventerà più complicato l’inserimento nel vastissimo mercato del lavoro cinese. Per compiere un’esperienza di lavoro laggiù sarà necessario, quindi, avere grandi competenze e una solida conoscenza dell’idioma locale.
Gabriele Mirabella
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