Il caso Regeni assume sempre più nuovi dettagli. Si sa già che lo studente è stato torturato per diversi giorni, inoltre si è appena scoperto che in Egitto è stato scambiato per una spia. Ma come affronta il governo italiano questa vicenda? La risposta è data dalle diverse dichiarazioni del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni: egli ha subito sottolineato che, anche se l’Egitto è un alleato, non transige sulla capillarità delle indagini sul caso Regeni. Gli investigatori italiani infatti sono stati affiancati a quelli egiziani e adesso le indagini sono a pieno regime. Il ministro tende dunque a sottolineare che qualsiasi italiano che abbia subito un crimine è tutelato dal Ministero e che il colpevole pagherà secondo la legge.
Ad un’intervista effettuata da La Repubblica emergono dettagli sul rapporto Italia-Egitto. Gentiloni ci tiene a sottolineare come il Paese nord africano sia importante per gli obiettivi politici italiani. Infatti l’Italia assieme ad altri Paesi da tempo cerca di instaurare un governo stabile in Libia, e affinché questo avvenga bisogna che l’Egitto sia una base d’appoggio disponibile; allo stato attuale, infatti, il governo egiziano collabora con quello italiano. Intanto però in Libia Daesh sta rafforzando la sua roccaforte a Sirte. Di questo Gentiloni se ne cura, ma non troppo. Afferma infatti che da Sirte, Daesh può attaccare i pozzi petroliferi dell’Est; ma secondo il ministro è più importante badare all’instaurazione di un governo in terra libica. Infine il ministro ricorda come l’Italia, dopo gli USA, è il secondo Paese con più contingenti militari inviati in Iraq. Le forze armate però che l’Italia invia hanno il compito non di combattere, ma di addestrare sia i peshmerga che la polizia irachena.
Claudio Francesco Nicolosi
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