MADRID − «Il primo ottobre non si celebrerà un referendum illegale che va contro la Costituzione», queste sono state le parole del portavoce dell’Esecutivo spagnolo Inigo Mendez de Vigo. Ma per cosa si dovrebbe votare l’uno ottobre? Perché la risposta di Madrid è stata così dura? Il tutto nasce dall’ultima sfida che la regione della Catalogna ha lanciato allo Stato spagnolo: i catalani hanno diritto di votare per scegliere di divenire o meno uno stato indipendente «sotto forma di repubblica», parola del presidente catalano Carles Puigdemont Casamajo. Già lo scorso 24 maggio Puigdemont aveva inviato una lettera al Primo Ministro spagnolo Mariano Rajoy per avviare i negoziati sui termini del referendum, tuttavia, è stata totalmente ignorata, scatenando l’ira degli alti vertici politici catalani. «In attuazione del mandato democratico, oggi abbiamo avuto un Consiglio esecutivo straordinario per ratificare la decisione di tenere il referendum – riporta Repubblica.it – come esercizio del legittimo diritto all’autodeterminazione di una nazione».
Eppure lo stesso presidente della Catalogna fa risalire la tensione ad un altro precedente, esattamente a 7 anni fa, quando la Corte Costituzionale spagnola bocciò lo Statuto catalano, votato sia dai parlamentari di Madrid che da quelli di Barcellona, oltre che essere stato approvato tramite referendum dai catalani stessi. «Da allora tutte le nostre proposte sono state respinte», ha affermato Puigdemont, per De Vigo si tratta di «una strategia che non porta da alcuna parte, l’ennesimo annuncio di un annuncio». Certo è che ancora non è stato convocato formalmente alcun referendum mediante decreto e dunque non vi è alcun atto impugnabile dinanzi la Consulta spagnola. «Che nessuno dubiti che ogni eventuale passaggio all’azione sarà perseguito dal governo», ha promesso poi il portavoce del Governo.
Intanto il Partido Popular, partito del Premier Rajoy, Ciudadanos e il Partido Socialista Obrero Español si sono schierati contro questa presa di posizione della Catalogna. Ad appoggiare i separatisti è stato soltanto il partito di Pablo Iglesias Turrion: Podemos. La maggioranza dei partiti più importanti (3/4) è quindi contraria alla soluzione proposta da Puigdemont. Un’eventuale separazione della Catalogna dal resto della Spagna porterebbe anche da una riforma della Costituzione che, comunque, il PP potrebbe bocciare in Senato grazie alla maggioranza assoluta che ivi detiene. I sondaggi, intanto, lasciano trasparire (secondo quanto riporta Repubblica.it) una grande indecisione da parte degli interessati: il 44,3% vuole separarsi dalla Corona di Filippo VI, il 48,5% no.
La Catalogna, però, pensa in grande: già a marzo la regione ha approvato un progetto di bilancio che prevede 5,8 milioni di euro da stanziare esclusivamente per il referendum di scissione dalla Spagna. Inoltre non sarebbe il primo indetto, passato e poi bocciato: nel 2014 l’80% dei catalani votò a favore dell’indipendenza, ma il Governo dichiarò il tutto incostituzionale.
Francesco Raguni
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