Varsavia, Polonia – Sarà legge la controversa proposta del partito ultra conservatore polacco (PiS) di rendere illegale e passibile penalmente «qualsiasi allusione di responsibilità o corresponsabilità della Polonia nei crimini commessi dalla Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale». Secondo quanto riportato da Reuters, il Presidente polacco Andrzej Duda approverà la proposta di legge nei prossimi giorni. Ciò ha attirato una notevole ondata di critiche da parte di Israele, USA e Ucraina.
Da Washington, il Segretario di Stato americano, Rex Tillerson ha commentato la vicenda esprimendo la sua delusione per la decisione presa dal presidente Duda e ha sottolineato come «l’attuazione di questa legge colpisca gravemente la libertà di espressione e la ricerca storico-accademica».
Da Kiev, la reazione è stata molto più severa. Il Parlamento ucraino, infatti, ha condannato aspramente la decisione della Polonia in una risoluzione approvata martedì. Nonostante la stretta collaborazione che i due paesi intrattengono dalla caduta del muro di Berlino (più di un milione e mezzo di cittadini ucraini vivono e lavorano in Polonia), Varsavia e Kiev condividono un passato tutt’altro che roseo: secoli di conflitti hanno trovato il loro culmine nelle atrocità commesse durante la Seconda Guerra Mondiale e, solo in tempi recentissimi, sono stati oggetto di discussione nel tentativo di instaurare un dialogo diplomatico. La nuova legge polacca mette seriamente a rischio tali obiettivi, penalizzando «la negazione dei crimini commessi dai nazionalisti ucraini […] che collaboravano con il Terzo Reich» il che – chiaramente – come sottolineato dal capo del Comitato Affari Esteri del Parlamento ucraino, Hanna Hopko, apre la via a «tendenze anti-ucraine nella società polacca».
La reazione di Israele non è tardata ad arrivare e, in una dichiarazione della settimana scorsa, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha laconicamente condannato la decisione del presidente polacco Duda dicendo che «la storia non può essere cambiata e l’Olocausto non può essere negato».
Secondo quanto riportato da Associated Press, Netanyahu e il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki avrebbero discusso telefonicamente nei giorni scorsi e, nonostante abbiano trovato punti comuni e si siano detti aperti ad un dialogo diplomatico, il governo polacco è rimasto deciso nel mantenere le sue posizioni sulla legge.
Da quanto emerge da una prima lettura della legge, è chiaro che questa sia un’ovvia mossa di stampo nazionalistico nel tentativo di attrarre maggior consenso nelle casse del PiS. L’obiettivo principale è quello di eliminare dal lessico storico la frase «campi di sterminio polacchi» che, secondo il presidente Duda, sarebbe non solo una falsità – dato che Auschwitz, Treblinka e gli altri lager in Polonia furono gestiti esclusivamente dai nazisti – ma anche pura e semplice diffamazione. Per proteggere, quindi, il «buon nome della Polonia», la legge affida all’Istituto del Ricordo Nazionale (IPN) il ruolo di arbitro relativamente alla correttezza storica e all’ammissibilità di un’affermazione circa le supposte responsabilità o corresponsabilità polacche durante l’Olocausto.
Il che non è del tutto errato. Parlare di «campi di sterminio polacchi» è, indubbiamente, offensivo nei confronti della Polonia nonché un falso storico. Auschwitz era a tutti gli effetti un campo tedesco, gestito da soldati nazisti; non c’è alcun elemento che possa suggerire una partecipazione polacca nella gestione dei lager. Inoltre, va anche sottolineato che la Polonia è uno dei pochi Stati (se non addirittura il solo Stato) che si è effettivamente e attivamente opposto all’Olocausto, come dimostrato dalle note inviate dal Governo polacco in esilio ai Governi degli Stati Delle Nazioni Unite nel 10 Dicembre 1942, nonché dal semplice fatto che lo stesso Stato di Israele riconosce a più di sei mila cittadini polacchi l’onorificenza di Giusti tra le Nazioni. La Polonia fu anche l’unico Stato occupato dai Nazisti in cui fu imposta la pena di morte per chiunque prestasse «in qualsiasi modo» aiuto ad Ebrei e più di trentamila Polacchi persero la vita per questo.
Nonostante gli straordinari atti di coraggio e di resistenza della Polonia, tuttavia, come in ogni altro territorio dilaniato dalle atrocità della Seconda Guerra Mondiale, vi furono svariati esempi di cittadini polacchi che si resero responsabili di crimini contro gli Ebrei. È vero, i tribunali speciali istituiti dal Governo in esilio e dalla Resistenza non si piegarono mai al giogo nazista (ad esempio non fu mai costituita una divisione polacca di SS), arrivando addirittura a punire con l’alto tradimento e la pena di morte chiunque collaborasse con i Tedeschi, ma ritenere che i cittadini polacchi fossero assolutamente senza colpa alcuna durante l’Olocausto è semplicemente falso. È ben noto che molti, così come dimostrato dalle condanne di tradimento comminate dal tribunale dello Stato Segreto polacco, collaborarono con i Nazisti (anche se in larga minoranza rispetto agli altri Stati); centinaia di migliaia furono anche i Polacchi che ricattavano cittadini ebrei. Tristemente famoso divenne anche il Trzynastka (il Gruppo Tredici), un’organizzazione collaborazionista di Ebrei polacchi conosciuta anche come la Gestapo Ebraica.
Il presidente Duda ha già precisato che la legge non interverrà per censurare le affermazioni fatte da storici e accademici, ma non è chiaro se, tale immunità, sia estesa, ad esempio, anche agli insegnanti delle scuole inferiori. Che dire poi dei giornalisti o ancora dei privati cittadini che intervengano in discussioni attraverso i social? È giusto pensare di poter mettere un limite tanto stringente alla libertà di opinione e di espressione ? Al momento la questione è stata rimessa alla Corte Costituzionale polacca ma una decisione definitiva potrà aversi solo ben oltre l’entrata in vigore della legge.
Francesco Maccarone
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